Premio a Roma

Nella foto (da sinistra): Attilio Bolzoni di Repubblica, Elia Minari coordinatore di Cortocircuito, Giuseppe Giulietti presidente della Federazione Nazionale della Stampa.

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“La ‘Ndrangheta di casa nostra. Radici in terra emiliana”. La video-inchiesta integrale, le foto della serata di presentazione e alcuni articoli dei quotidiani

Nella sala civica “Incontro” del Teatro “Fabrizio De Andrè” di Casalgrande (Reggio Emilia), abbiamo proiettato in anteprima la nostra nuova video-inchiesta dal titolo: “La ‘Ndrangheta di casa nostra. Radici in terra emiliana”.

Durante la serata, intitolata “Le mafie di casa nostra”, sono intervenuti: Francesco Maria Caruso, Presidente del Tribunale di Reggio Emilia, Isabella Fusiello, Questore di Reggio Emilia, il colonnello Paolo Zito, Comandante provinciale dei Carabinieri.

Ha condotto il dibattito con i tre ospiti e la presentazione dell’inchiesta Elia Minari, coordinatore dell’associazione culturale antimafia Cortocircuito.

Saluti iniziali di Alberto Vaccari, sindaco di Casalgrande e del vice-sindaco Marco Cassinadri. L’iniziativa si è tenuta giovedì 18 settembre 2014 dalle ore 21.00. 

Pubblichiamo, in fondo a questa pagina, la video-inchiesta integrale (34 minuti circa), le foto della serata di presentazione e diversi dei tanti articoli usciti sui quotidiani (locali e nazionali) su quanto accaduto dopo la proiezione dell’inchiesta. Hanno parlato dell’inchiesta di Cortocircuito anche Il Fatto Quotidiano, La Repubblica, L’Espresso, Rai 1 – Tg1 e Speciale Tv7, Rai 3 – Tg3 e Geo, La7- Servizio Pubblico, il Corriere della Sera, La Stampa, Il Secolo XIX, TV2000, Radio Capital, Radio 1 Rai.

Associazione culturale antimafia Cortocircuito

 

[Graphic design by Gabriele Giglioli]

Durante l’iniziativa pubblica il presidente del Tribunale, parlando al microfono, ha dichiarato: «Elia, lei ha fatto vedere una video-inchiesta di straordinario valore informativo. È un filmato che dimostra come sia cambiata la società, la politica e le amministrazioni in questa regione. Lei mi ha fatto vedere un confronto – ha proseguito il presidente del Tribunale – che è drammatico. Mi ha mostrato episodi eclatanti e clamorosi di incapacità di capire il fenomeno».

GRAZIE MILLE PER I VOSTRI NUMEROSISSIMI MESSAGGI SUL SITO DELLA GAZZETTA DI REGGIO, CHE HA LANCIATO UNA CAMPAGNA IN NOSTRO SOSTEGNO CLICCARE QUI OLTRE ALLE TANTE E-MAIL RICEVUTE.

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Alcuni aggiornamenti:

– Intervento del coordinatore di Cortocircuito sulla video-inchiesta “La ‘Ndrangheta di casa nostra”

– Il procuratore Caselli: “Inchiesta di Cortocircuito coraggiosa, segnale di coscienza civile”

– Elia Minari di Cortocircuito premiato dal presidente del Senato al Vertice Nazionale Antimafia a Firenze

– La video-inchiesta di Cortocircuito proiettata in Tribunale dal Pm della Direzione Distrettuale Antimafia di Bologna

– Proiezione dell’inchiesta nel Municipio di Bologna

– A Piacenza proiezione dell’inchiesta di Cortocircuito con il magistrato Imperato e il poliziotto I.M.D.

– Proiezione dell’inchiesta con il pm del Maxiprocesso di Palermo Giuseppe Ayala. “L’inchiesta di Cortocircuito ha scoperchiato la pentola

– Il sindaco: “Vorrei ringraziare l’associazione Cortocircuito per l’opera d’inchiesta coraggiosa e rischiosa

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Il cortometraggio integrale è visualizzabile diviso in TRE PARTI (34 minuti totali circa):

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 Foto di Chiara Ghirelli. Cliccare sulle foto per allargarle.

 

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La Gazzetta di Reggio in prima pagina: “Mafie e affari, l’intreccio svelato da Cortocircuito”

Di Enrico L. Tidona

«L’escavatore della ditta nella quale lavoravo è stato dato alle fiamme. Poi l’azienda ha cominciato a subappaltare lavori a imprese del sud». L’improvvisa parabola di un’impresa reggiana è contenuta nella stucchevole testimonianza resa a volto coperto da un lavoratore reggiano davanti alle telecamere dei ragazzi della web-tv reggiana Cortocircuito . Si tratta di una delle poche denunce raccolte contro la voracità dei capibastone della ’ndrangheta emigrata a Reggio Emilia, contenute nel film “La ‘ndrangheta di casa nostra, radici in terra emiliana”, nuova video inchiesta sul radicamento della criminalità organizzata nella nostra provincia.

La video-inchiesta integrale dei ragazzi di Cortocircuito è stata presentata ieri sera a Casalgrande. La sala del teatro De André – dove si è tenuto l’incontro – era gremita, e l’attenzione alle stelle. Il pubblico, composto da persone di tutte le età ma con una forte prevalenza di giovani, ha seguito in rigoroso silenzio l’inchiesta. Un’indagine giornalistica a tutto tondo, girata questa estate dopo il successo mediatico dell’ultimo lavoro del collettivo, “40 roghi a Reggio Emilia”, premiato con riconoscimenti da parte di enti ed esponenti della lotta contro le mafie. I ragazzi della web-tv tornano quindi alla carica con una nuova produzione che vede vestire i panni di regista ad Elia Minari, reggiano di 22 anni con il quale hanno lavorato altri cinque giovanissimi reporter, in grado di confezionare un prodotto di altissimo livello.

Dentro c’è tutto, forse troppo per le orecchie degli intervistati, che nella maggior parte dei casi non si sono voluti esprimere sul radicamento della ’ndrangheta in terra reggiana. C’è l’appalto per una scuola assegnato senza certificazione antimafia, le storie di imprenditori “espropriati” delle loro ditte, fino all’approdo a Brescello, terra dove si è insediato da anni l’imprenditore edile Francesco Grande Aracri, condannato in via definitiva per mafia all’interno dell’inchiesta Edilpiovra. Nello sfondo ci sono le presunte aderenze con il mondo della politica, tema che viene toccato nell’inchiesta del collettivo. «Abbiamo voluto indagare in maniera più approfondita la presenza delle mafie a Reggio Emilia» spiega Minari: «Il radicamento della criminalità organizzata nel nostro territorio è stata agevolata da chi ha sempre chiuso un occhio in questi anni. Non lo diciamo noi, è scritto in documenti autorevoli, relazioni della magistratura e delle forze dell’ordine». Per tirare i fili dell’inchiesta, Minari e la sua squadra hanno girato alcuni comuni della provincia. «A tacere non sono stati solo calabresi, campani o siciliani ma molti reggiani doc» dice il giovane videomaker, «Una diffidenza e un silenzio che ci hanno abbastanza impressionato».

A sedimentare è il seme di un’indifferenza solo apparente, che ha fatto da sponda soprattutto alla colonizzazione nel mondo dell’edilizia e dei trasporti. «A Brescello – continua Minari – abbiamo sentito venti persone e nessuno ha mai parlato male della famiglia di Grande Aracri. Per tutti sono dei grandi lavoratori e soprattutto hanno dato da lavorare a molte persone. Frasi che francamente ci saremo aspettati di sentire forse al sud, ma mai nel cuore dell’Emilia. Come dicono le relazioni dell’antimafia, parte del territorio reggiano era ben disposto a fare affari con personaggi legati alla ’ndrangheta. Lo dimostrano le 50 aziende bloccate da provvedimenti della prefettura tra Modena e Reggio».

La sequela di eventi e casi notevoli sembra non aver fine mentre scorrono i trenta minuti del film. «Abbiamo cercato di capire come sia stato possibile affidare un appalto al massimo ribasso per la costruzione della scuola di Montecchio senza che l’azienda avesse presentato il certificato antimafia – dice Minari – Siamo poi tornati sulla vicenda del cantiere dell’alta velocità di Reggio, raccogliendo testimonianze sulle ditte che all’inizio degli anni 2000 si presentavano in cantiere offrendo prezzi bassissimi e avendo a disposizione numerosi camion, vicenda ora al centro di un’indagine. Abbiamo poi raccolto le testimonianze di imprenditori reggiani, intervistati in modo anonimo, che ci hanno parlato di come aziende sane sono finite in mano a personaggi legati al malaffare. Infine abbiamo raccolto tra le altre le dichiarazioni del sindaco di Brescello, Marcello Coffrini, che ha definito Francesco Grande Aracri un uomo “gentilissimo, tranquillo, composto, educato” e che “ha sempre vissuto a basso livello”. Siamo rimasti sinceramente sbalorditi, visto che si tratta di una persona colpita da una condanna per mafia».

Articolo di Enrico L. Tidona sulla Gazzetta di Reggio (19 settembre 2014)

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Reggionline: “Il sindaco di Brescello choc: Grande Aracri? Una persona educata”

Risposte evasive, poca voglia di parlare, con qualcuno che dice: “Meglio non dire niente”. E già qui, più che a Brescello, sembra di essere nel profondo Sud.  Poi arriva un sindaco del Pd, come quello di Brescello, zona di radicamento mafioso, ci vive Francesco Grande Aracri, condannato in via definitiva per associazione di stampo mafioso a cui sono stati sequestrati tre milioni di euro, che se ne esce con un’affermazione choc.

Per il primo cittadino Marcello Coffrini, figlio dell’ex primo cittadino, la “storia della criminalità mafiosa a Brescello è un leitmotiv”. L’intervistatore, Elia Minari, della redazione di Cortocircuitoweb-tv che sta conducendo l’intervista, sobbalza, e gli chiede: “Ma sindaco, questo è anche un problema reale. Secondo lei la criminalità organizzata c’è, o no?”. Coffrini, a disagio, risponde: “Brescello non è un paese con problemi di criminalità. Grande Aracri è una persona composta, educata. Sempre vissuto a basso livello”. E il giornalista, allibito, gli ribatte: “Ma gli sono stati sequestrati 3 milioni di euro”. Il sindaco a quel punto conclude: “Non entro nel merito”.

E’ forse questo il pezzo che fa più male del video realizzato dai ragazzi di Cortocircuitoweb-tv che nei giorni scorsi hanno presentato il loro lavoro a Casalgrande in un affollato teatro De André, alla presenza dei vertici del tribunale e delle forze dell’ordine. Questi giovani, da tempo impegnati nella difesa della legalità, hanno presentato un video di forte impatto, a partire da una testimonianza su subappalti sospetti. Una testimonianza sulle intimidazioni ad imprenditori locali con incendi dolosi di mezzi meccanici. Si tratta di rivelazioni che mostrano quanto la criminalità organizzata abbia messo radici nella nostra provincia e come ci sia un grande bisogno di controlli, attenzione e impegno da parte delle istituzioni e dei cittadini. E’ per questo che fa male vedere un primo cittadino come Coffrini ignorare ed insabbiare il problema.

E poi c’è anche il sindaco di Montecchio Paolo Colli, che tenta di difendere la scelta di affidare i lavori della scuola comunale a un’azienda di Criciniano d’Aversa, nel Casertano, la Saedil. La gara d’appalto è stata vinta con un ribasso del 23%, ma ora l’azienda – che non ha mai avuto la documentazione antimafia – è sparita lasciando l’opera incompleta. Ora ci sarà bisogno di un nuovo appalto, con una nuova spesa di denaro pubblico. “Il sindaco di Montecchio credo risponderà delle sue scelte davanti alla corte dei conti”, ha detto giovedì il presidente del tribunale Francesco Maria Caruso, che insieme al colonnello Paolo Zito e al questore Isabella Fusiello ha partecipato alla presentazione a Casalgrande della videoinchiesta di Cortocircuito.

(articolo di Reggionline.com – 20 settembre 2014)

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Gazzetta di Reggio: “Mafie, l’inchiesta di Cortocircuito squassa Montecchio e Brescello”

Di Adriano Arati

«Brescello per me non esiste» e «il sindaco di Montecchio credo dovrà risponderne alla Corte dei Conti». Fra ironie e pareri tranchant, il presidente del tribunale di Reggio Emilia Francesco Caruso non ha girato attorno alle questioni calde reggiane, come la Brescello dei Grande Aracri e il casodi Montecchio con la scuola ancora da finire per colpa di una ditta campana che non ha mai prodotto il certificato antimafia e che, dopo aver vinto l’appalto, all’improvviso, ha abbandonato il cantiere.

Il magistrato è stato uno dei protagonisti dell’incontro in scena giovedì sera a Casalgrande, la presentazione della video-inchiesta “La ‘Ndrangheta di casa nostra. Radici in terra emiliana”, realizzata dai ragazzi della web-tv reggiana Cortocircuito. Presenti, oltre a Caruso, Isabella Fusiello, questore di Reggio, Paolo Zito, comandante provinciale dei carabinieri. Il documentario si concentra su alcune situazioni poco chiare nel territorio reggiano, a livello di infiltrazioni e radicamento mafioso. Al centro del mirino, in particolare, Brescello e Montecchio e i suoi sindaci, intervistati da Cortocircuito.

A lasciare sbigottiti tanto le forze dell’ordine presenti in sala, quanto il pubblico, sono state soprattutto le dichiarazioni del primo cittadino di Brescello,Marcello Coffrini, che ha speso parole benevole per Francesco Grande Aracri, residente nel comune della bassa reggiana, condannato in via definitia per mafia all’interno dell’inchiesta Edilpiovra, al quale sono stati sequestrati in via preventiva beni per 3 milioni di euro. Secondo Coffrini, Brescello non è un paese con problemi di criminalità. Per il sindaco “Grande Aracri è uno molto composto, educato, ha sempre vissuto a basso livello”.

Messi a confronto, nel lavoro, con il vecchio sindaco di Rubiera Danilo Pignedoli, che già negli anni ’80 si attivò contro presenze criminali. «Il confronto fra vecchi e nuovi e amministratori emerge chiaro, così come è chiaro – dopo anni di studio – il fenomeno dell’infiltrazione al Nord. Come è chiara la capacità della mafia di infiltrarsi nel potere, in quella che chiamiamo zona grigia». Caruso ha poi commentato le immagini. Su Brescello, si è limitato ad un ironico «per me Brescello non esiste». Poche parole ma decisamente pesanti. A Montecchio, dove i lavori della nuova scuola sono fermi dopo la sparizione degli operati dell’azienda scelta, che aveva presentato un’offerta molto vantaggiosa economicamente. Ma di cui non sono mai state certificate le credenziali antimafia, in un mare di confusione burocratica. «Credo che il sindaco di Montecchio dovrà risponderne alla Corte dei Conti», è la secca frase del presidente del tribunale. Caruso ha poi allargato il discorso a livello nazionale: «in Italia far rispettare le leggi diventa sempre un problema politico. Si sa perché Dell’Utri è in galera, è chiaro, ma se alla fine la colpa è del giudice qui c’è qualcosa che non funziona».

Del ruolo, positivo o meno, nel tessuto sociale amministrativo ha parlato anche il nuovo questore Isabella Fusiello. «A mio avviso, il Comune di Montecchio non è giustificato per non aver trasmesso i dati per l’antimafia. Gli amministratori, in generale, se vogliono possono ostacolare la penetrazione mafiosa nei settori a rischio», ha sostenuto. «Ci sono gli strumenti, le liste, le interdizioni, e vanno usati. Poi, è innegabile: Reggio è una realtà ricca, ci sono tante opere importanti, come le Vele di Calatrava e la Mediopadana, che possono assolutamente aver attirato l’attenzione di realtà mafiose». Infine, ha preso la parola il comandante provinciale dei carabinieri Paolo Zito. E anche il colonnello ha usato parole chiare: «qui si fanno affari, alle mafie non interessa il controllo del territorio, qui interessa fare soldi, ed è ovvio che ci siano infiltrazioni nel tessuto reggiano». Anche in un settore storico locale, l’agricoltura. «Le cosiddette agromafie generano un giro di affari stimato in 14 miliardi di euro all’anno, con tantissime varianti criminali. Spesso e volentieri realizzate assieme ai colletti bianchi, a chi vuole farsi infiltrare per interesse». Zito però non offre un quadro del tutto fosco. «Credo che dei segnali siano stati dati, nei mesi scorsi, colpendo il patrimonio delle associazioni mafiose. Ed è giusto che si vedano arresti, di persone coinvolte. A Reggio, comunque, si vive ancora bene, i servizi sono garantiti, qui possiamo contrastare queste infiltrazioni. Dico contrastare, chi parla di annullamento completo è quantomeno presuntuoso».

Articolo di Adriano Arati sulla Gazzetta di Reggio (20 settembre 2014)

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Il Resto del Carlino: “Grande Aracri? Una persona tranquilla”

Di Sabrina Pignedoli

Silenzi, imbarazzo, difesa: «Ma sono persone tranquille». Anche seFrancesco Grande Aracri è stato condannato in via definitiva per associazione mafiosa. E a prendere le sue parti è il sindaco di Brescello, Marcello Coffrini, nella videoinchiesta realizzata dal giornale studentesco Cortocircuito. Trenta minuti di filmato, che mettono a nudo “La ‘ndrangheta di casa nostra”, fatta non solo di calabresi, ma anche di tanti cittadini reggiani che fanno finta di non vedere. E di amministratori poco attenti, che faticano a riconoscere i propri errori.

Come il sindaco di Montecchio Paolo Colli, che ha tentato di difendere la scelta di affidare i lavori della scuola comunale a un’azienda di Criciniano d’Aversa, nel Casertano, la Saedil. La gara d’appalto è stata vinta con un ribasso del 23%, ma ora l’azienda – che non ha mai avuto la documentazione antimafia – è ‘sparita’ lasciando l’opera incompleta. Tanto che ora ci sarà bisogno di un nuovo appalto, con una nuova spesa di denaro pubblico.

«Il sindaco di Montecchio credo risponderà delle sue scelte davanti alla corte dei conti», ha detto giovedì il presidente del tribunale Francesco Maria Caruso, che insieme al colonnello Paolo Zito e al questore Isabella Fusiello ha partecipato alla presentazione a Casalgrande della videoinchiesta di Cortocircuito.

«Io non posso parlare di Brescello, per il ruolo che ricopro. Parlo in generale. La mafia è anche economia, affari e potere, capacità di espandersi sul territorio – ha continuato Caruso -. La mafia entra con la corruzione, ha la capacità di comprare la politica, di metterla al proprio servizio». Poi Caruso sottolinea che «come giudice, ho bisogno delle prove per dire che tizio è mafioso. Ma per i cittadini non è necessaria la condanna penale, basta la condanna della società civile, che è lo ‘strumento’ migliore per arginare le infiltrazioni».

Il Questore Isabella Fusiello ha parlato delle interdittive, che «sono strumenti idonei per prevenire infiltrazioni. Del resto la provincia reggiana è ricca e ha portato avanti grandi opere, per cui è normale che abbia attirato gli interessi della criminalità organizzata».

Il colonnello  Zito ha, invece, esposto gli impressionanti numeri delle agromafie, che hanno un fatturato ipotizzato per quest’anno di 14 miliardi di euro, e dell’agropirateria, dove i miliardi salgono a 60. «Il territorio reggiano – spiega Zito – ha numerose eccellenze alimentari ed è una provincia agricola. Per cui l’attenzione va tenuta molto alta. La criminalità organizzata è fortemente interessata ai prodotti agroalimentari: può imporre la manodopera, ottenere finanziamenti europei con l’uso di prestanomi o dichiarando capi di bestiame e campi coltivati che non ci sono».

Poi Zito estende l’interesse della criminalità organizzata anche alla grande distribuzione: «Le mafie possono controllare il business collegato ai centri commerciali e alla logistica connessa ai trasporti».

Articolo di Sabrina Pignedoli sul Resto del Carlino (20 settembre 2014)

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Il Fatto Quotidiano: ‘Ndrangheta, il sindaco: “A Brescello non c’è”. E il boss Aracri “è educato”

“La criminalità organizzata? A Brescello non c’è”. Lo dice Marcello Coffrini, sindaco Pd del paese in provincia di Reggio Emilia. L’intervista è stata pubblicata dalla webtv Cortocircuito ed è parte del loro ultimo documentario “La ‘ndrangheta di casa nostra. Radici in terra emiliana“. Il primo cittadino parla della realtà locale negando che ci siano “mai state denunce per estorsione o ricettazione”. E poi descrive come “una persona educata e composta” Francesco Grande Aracri, boss condannato in via definitiva per mafia nel 2008, soggetto a regime di sorveglianza speciale e considerato il punto di riferimento dell’ndrangheta in Emilia. La troupe di giovani studenti e giornalisti si fa accompagnare da Coffrini sui terreni sequestrati alla famiglia (beni per 3 milioni di euro). Subito vengono raggiunti da un furgoncino che chiede spiegazioni e poi dallo stesso Aracri. Il sindaco si apparta con il boss per spiegare la situazione e tornato in macchina spiega: “E’ lui Francesco Grande Aracri. E’ gentilissimo, molto tranquillo. Parlando con lui si ha la sensazione di tutto tranne che sia quello che dicono che sia. Lui è uno molto composto ed educato che ha sempre vissuto a basso livello. La famiglia qui ha un’azienda che adesso è riuscita a ripartire: fanno i marmi. Mi fa piacere che siano ripartiti”.

l documentario affronta numerosi temi che riguardano la diffusione della criminalità organizzata in Emilia Romagna e soprattutto il comportamento di istituzioni e aziende. Tra i casi sollevati anche quello di una scuola superiore di Montecchio (Reggio Emilia) mai portata a termine: l’appalto era stato vinto da un’azienda campana che però non ha presentato il certificato antimafia e ha abbandonato i lavori. Ora anche la deputata Maria Edera Spadoni del Movimento 5 stelle ha chiesto chiarimenti in Parlamento con un’interrogazione.

I giovani giornalisti locali lavorano da alcuni anni sul territorio e cercano di approfondire il tema del radicamento della mafie al nord. Solo a fine luglio 2013 erano diventati famosi alle cronache per aver subito intimidazioni mentre filmavano un cantiere andato a fuoco in provincia di Reggio Emilia. Il loro ultimo lavoro è stato presentato venerdì 18 settembre alla presenza di Francesco Maria Caruso, Presidente del Tribunale di Reggio Emilia, di Isabella Fusiello, questore di Reggio Emilia e del colonnello Paolo Zito, Comandante provinciale dei Carabinieri.

(articolo del Fatto Quotidiano – 20 settembre 2014)

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Il Resto del Carlino: “Rivolta dei sindaci Pd contro Coffrini”

Articolo di Settimo Baisi sul Resto del Carlino (22 settembre 2014)

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Telereggio: “Il Pd processa Coffrini”

”Marcello Coffrini deve venire a chiarirsi e a confrontarsi con tutti i colleghi sindaci del Pd”. Non lascia margini di dubbio la motivazione con cui il segretario provinciale del Partito democratico Andrea Costa ha convocato d’urgenza il sindaco di Brescello, investito da una bufera per le dichiarazioni fatte alla web tv ”Cortocircuito” a proposito della presenza della criminalità organizzata sul territorio del comune della Bassa e, soprattutto, a proposito di Francesco Grande Aracri, l’imprenditore di origine calabrese, residente a Brescello, condannato in via definitiva per associazione di stampo mafioso. Francesco Grande Aracri è fratello del boss della ‘ndrangheta Nicolino.

”Gli amministratori del Partito democratico non stringono la mano a un condannato per mafia, non lo salutano, non lo frequentano”, ha detto il segretario del Pd Costa, che ha convocato Coffrini per un chiarimento davanti a tutti gli altri 41 sindaci che guidano giunte Pd-centrosinistra nella nostra Provincia. Il confronto è in programma per il pomeriggio di domani nella sede della federazione di via Gandhi. Intanto il segretario dei Democratici ha incontrato nella mattinata di oggi il viceprefetto vicario. Alla dottoressa Adriana Cogode, Costa ha ribadito lo sconcerto degli amministratori Pd per le parole di Coffrini e ha ribadito la ferma intenzione di continuare a collaborare per contrastare ogni forma di infiltrazione mafiosa, anche dal punto di vista culturale. Costa ha inoltre chiesto al viceprefetto di lavorare insieme ad una inizitiva pubbliuca su questi temi che sarà programmata ad ottobre. Lo stesso sindaco Coffrini ha chiesto intanto di poter avere un colloquio con il viceprefetto Cogode”.

(servizio di Telereggio – 22 settembre 2014)

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L’Espresso: “Il sindaco Pd sul boss della ‘ndrangheta: Gentile ed educato. Bufera in Emilia”

Di Giovanni Tizian

Il boss della ‘ndrangheta? «Un uomo gentilissimo, tranquillo, composto, educato e che ha sempre vissuto a basso livello», sostiene il sindaco del Pd. «Ha dato lavoro a diverse famiglie, in fondo la mafia è nata per togliere ai ricchi e dare ai poveri», è invece l’opinione, davvero singolare, di un cittadino seduto al bar del paese. Non siamo a Corleone, né a San Luca o Cutro, né tantomeno a Casal di Principe. Ma nella piazza di Brescello, provincia di Reggio Emilia. Un paesone bagnato dal Po e famoso per aver fatto da set cinematografico alla saga di Peppone e Don Camillo. La persona gentilissima, tranquilla, composta, educata, descritta dal giovanissimo Marcello Coffrini, primo cittadino di Brescello, è Francesco Grande Aracri. Un imprenditore che, secondo i detective dell’antimafia, è il reggente della cosca capeggiata dal fratello Nicolino detenuto al 41 bis .

Le dichiarazioni sono finite in un lungo reportage dal titolo “La ‘Ndrangheta di casa nostra. Radici in terra emiliana”Una video inchiesta, firmata dai giornalisti del collettivo Cortocircuito, sulla ‘ndrangheta e sul potente clan Grande Aracri, che ha provocato reazioni contrastanti: chi solidarizza con i cronisti e chi si mette sulle difensive negando ogni evidenza giudiziaria. Caos anche nel partito democratico, che non ha gradito le parole in libertà dette da Coffrini. Che arrivano a pochi giorni di distanza dalla visita della Commissione parlamentare antimafia a Bologna.

Le sue dichiarazioni infatti hanno fatto trasalire il segretario provinciale dei democratici Andrea Costa che ha scritto una nota molto dura con la quale prendeva le distanze dall’amministratore: «Partiamo da quello che deve fare e da quello che non deve fare un sindaco del Pd: i nostri amministratori non stringono la mano ad un condannato per mafia, non lo salutano, non lo frequentano; i sindaci e gli amministratori Pd devono avere un forte senso etico, devono avere ben chiaro che ci sono comportamenti leciti ma non opportuni e, quindi, devono sempre avere molto forti alcuni principi. Noi stringiamo la mano a Ignazio Cutrò, un testimone di giustizia che è venuto a trovarci anche a FestaReggio, non a Grande Aracri».

Gli autori dell’inchiesta sono un gruppo di giovani studenti che, da qualche anno, consumano le suole delle scarpe per raccontare il potere della ‘ndrangheta emiliana. Si sono spinti fin dentro la pancia della Valpadana, nelle roccaforti del crimine organizzato.  (CONTINUA….)

Articolo di Giovanni Tizian su L’Espresso (23 settembre 2014)

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Gazzetta di Reggio: “Mafie, il presidente del tribunale striglia i politici. Caruso torna sui contenuti della video inchiesta di Cortocircuito: Chi amministra non può ignorare le indagini sul radicamento mafioso”

Di Tiziano Soresina

«Brescello per me non esiste»: all’incontro di giovedì a Casalgrande sulla nuova video inchiesta firmata dagli universitari della web-tv reggiana Cortocircuito , tra gli invitati c’era anche il presidente del tribunale Francesco Caruso.

Così lei ha commentato l’intervista a Marcello Coffrini, sindaco di Brescello…

«C’è stato un fraintendimento, in realtà quella frase che potrebbe apparire irriguardosa per i brescellesi era legata a quella che avevo detto prima, cioè che non potevo neppure sfiorare temi che in qualche modo riguardavano processi in corso per quanto del tutto autonomi rispetto ai temi della serata. Comunque quanto emerge dal video è grave e preoccupante».

Entriamo nei dettagli.

«Non mi sarei mai aspettato un situazione simile nel Reggiano. Siamo in Emilia, terra di valori civili, di partigiani, di Resistenza, con istituzioni ben radicate, in cui operano con efficacia il tribunale, la procura, le forze dell’ordine, dove vi sono stati arresti e indagini anche per 416 bis. Dalla video-inchiesta emergono invece silenzi, indifferenza, paura, omertà. A questo punto mi è venuto da pensare che rispetto al tema del contrasto alle mafie vi sia maggior impegno in una certa parte della società civile in Sicilia che da queste parti. Ricordo che da alcuni anni Confindustria Sicilia ha stipulato protocolli per espellere dall’Associazione gli imprenditori omertosi che pagano il pizzo. Sono poi rimasto colpito dalle parole di questi nuovi amministratori reggiani…».

Cosa intende dire?

«Davo per scontata, a Reggio, la consapevolezza degli amministratori pubblici su certe delicate tematiche, anche perché negli anni scorsi sono stato coinvolto dal Comune in iniziative di formazione. Davanti ad alcune risposte sentite nel video mi chiedo se la nuova classe politica si informi, si documenti, si ponga il problema dei criteri per riconoscere l’esistenza della criminalità organizzata sul territorio. Sulla mafia che si radica al Nord vi sono relazioni dell’Antimafia, fior di libri e indagini di esperti, consulenti della Regione e degli Enti locali, inchieste giornalistiche. Per non parlare di indagini molto incisive, per esempio quelle sulla ‘ndrangheta in Lombardia da cui sono scaturite ad esempio pubblicazioni come quelle di Nando dalla Chiesa sul caso Buccinasco e un libro inchiesta dal significativo titolo la “Quinta mafia” in cui si sostiene che la mafia del nord sta diventando la quinta mafia nazionale. Insomma, è doveroso informarsi per chi deve amministrare il territorio».

Il sindaco Coffrini ha definito Grande Aracri “una persona normale, gira in bici e non in Ferrari, saluta, non spara in aria, non ha comportamenti mafiosi”.

«Ne prendo atto».

Sempre il sindaco di Brescello, nell’intervista alla Gazzetta, dice che la inviterà in loco, per mostrarle un paese che non è mafioso. Ci andrà?

«Sì, se organizzerà un’iniziativa sulla mafia vi parteciperò, portando il mio contributo su come la criminalità organizzata s’infiltra nel tessuto economico e come si fa a riconoscere la presenza della mafia sul territorio sulla base di ciò che emerge dai processi celebrati in varie sedi del nord Italia».

Coffrini sostiene che a Brescello vi siano zero estorsioni, zero pizzo. E che pochi episodi non sono indice di un paese mafioso…

«La mafia agisce in silenzio e le estorsioni avvengono proprio in questo modo, non è facile individuarle. Come spiega Andrea Camilleri il mafioso è tale quando non ha bisogno di chiedere il pizzo: chi deve pagare paga prima che arrivi la richiesta. Basta farsi riconoscere. E il pagamento è poi effettuato talvolta anche in cambio dei servizi che l’organizzazione offre: protezione, affari, risoluzione di problemi. Il tutto nel silenzio e nella “pax mafiosa”. Inoltre gli analisti del fenomeno mafioso dicono che dove ci sono i quattrini, la criminalità organizzata investe, fa affari e ripulisce i soldi».

Il segretario provinciale del Pd, Andrea Costa, è stato lapidario: “I nostri amministratori non stringono la mano ad un condannato per mafia, non lo salutano, non lo frequentano”.

«Direi che si tratta di una posizione più che corretta. Quando lavoravo in Sicilia e dovevamo liquidare gli indennizzi a chi era stato arrestato per mafia e poi assolto, sostenevamo un argomento simile per respingere la domanda».

Articolo di Tiziano Soresina sulla Gazzetta di Reggio (23 settembre 2014)

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Gazzetta di Reggio: “Politica e ‘ndrangheta, un tema ancora tabù”

Articolo di Elisa Pederzoli sulla Gazzetta di Reggio (23 settembre 2014)

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Il Resto del Carlino: “Il silenzio ha permesso alle cosche di radicarsi”

 Intervista di Simone Russo sul Resto del Carlino (24 settembre 2014)

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L’Espresso: “Maxi sequestro alla ‘Ndrangheta in Emilia, toccato il feudo dei Grande Aracri a Brescello”

Di Giovanni Tizian

Maxi sequestro alla ‘ndrangheta emiliana. Cinque milioni di euro sottratti al clan Grande Aracri, che da Cutro ha delocalizzato i propri affari nelle ricche province di Reggio Emilia, Parma e Modena. La Direzione investigativa di Firenze ha messo i sigilli a quaranta beni: terreni, immobili, società, aziende e automezzi per l’edilizia riconducibili ai fratelli Sarcone e dislocati tra Reggio, Perugia e Crotone.

Secondo gli gli investigatori sarebbero loro i referenti emiliani del boss Nicolino Grande Aracri detto “Manuzza” e per conto della ‘ndrina controllerebbero diverse attività sparse lungo la via Emilia.

Il sequestro arriva a pochissimi giorni di distanza dalla polemica scatenata da una video-inchiesta in cui il sindaco di Brescello, feudo dei Grande Aracri, definiva il boss del paese, Francesco Grande Aracri, una persona educata e tranquilla.

Il blitz degli agenti dell’Antimafia è il secondo in pochi mesi. Prima dell’estate infatti stessa sorte era toccata proprio al fratello di “Manuzza”, Francesco Grande Aracri. In quel caso il valore del sequestro era di tre milioni.

Insomma, il provvedimento disposto dal Tribunale di Reggio Emilia su richiesta del direttore della Dia Arturo De Felice, mette in evidenza il potere della ‘ndrina originaria del Crotonese ma ormai radicata da decenni in Emilia. Un potere soprattutto economico. Fatto di quattrini e relazioni imprenditoriali.
Un segnale forte a quegli amministratori e sindaci che minimizzano o negano del tutto l’esistenza della ‘ndrangheta che parla emiliano.   

Articolo di Giovanni Tizian su L’Espresso (24 settembre 2014)

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Il Resto del Carlino: “Grande Aracri lavorò a casa mia”

 

Articolo di Simone Russo sul Resto del Carlino (25 settembre 2014)

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La Stampa: “La ’ndrangheta nel paese di don Camillo.

Maxi-sequestro della Dia in Emilia. Il sindaco di Brescello difende il boss, insorgono i colleghi del Pd”

Di Franco Giubilei

Tutto nella piazza del paese: le statue di don Camillo e Peppone che si salutano da lontano e la casa del sindaco Marcello Coffrini, al centro di una polemica rovente per certe dichiarazioni perlomeno incaute sul suo concittadino Francesco Grande Aracri, definito «una persona tranquilla» malgrado la condanna definitiva per associazione mafiosa sulle spalle. E poi, seduto al tavolino del Caffè Peppone mentre gioca a carte con gli amici, il figlio di Francesco, Salvatore Grande Aracri, che sulla vicenda dell’eccessiva confidenza fra suo padre e il sindaco portata alla luce da una videoinchiesta del giornale studentesco Cortocircuito ha idee molto chiare: «Queste sul sindaco sono tutte delle chiacchiere. Qui tutti lo sostengono, e quanto alle infiltrazioni mafiose a me viene solo da ridere».  

Nel frattempo però si è mossa anche la Direzione investigativa antimafia di Firenze, che proprio ieri ha sequestrato beni per cinque milioni di euro fra immobili, società, auto e conti correnti, per la maggior parte in territorio reggiano ma anche a Cutro, nel Crotonese, e a Perugia. I beni appartengono ai quattro fratelli Sarcone – Nicolino, Gianluigi, Carmine e Giuseppe Grande -, imprenditori edili originari di Cutro ma residenti da anni in Emilia, che secondo gli inquirenti sarebbero affiliati alla cosca dei Grande Aracri. Il sequestro è stato deciso dalla Dia per «l’oggettiva sproporzione tra il reddito dichiarato e il patrimonio posseduto», ed è scattato quando alcuni movimenti di titoli hanno fatto temere che la famiglia facesse sparire denaro e beni. Sono stati così bloccati quaranta fra terreni e fabbricati, molti autoveicoli, quote societarie e «consistenti disponibilità finanziarie»: si tratta, ha precisato la Dia, «di misure di prevenzione personali e patrimoniali» adottate a esito «di un’accurata analisi delle infiltrazioni della criminalità organizzata di origine calabrese nei settori imprenditoriali dell’Emilia Romagna». 

A Brescello però quasi cadono dalle nuvole, a cominciare dal sindaco Coffrini, che si è visto scaricare dal Pd appena le sue parole su Grande Aracri hanno cominciato a fare rumore: «Ho sbagliato, forse mi sono espresso in modo inappropriato, ne pago le conseguenze e mi dispiace, ma è diverso dal dire che sono omertoso o colluso. Non ho mai detto che Grande Aracri è una persona per bene, ho solo detto che è una persona tranquilla. Il mio è un ripudio totale del fenomeno mafioso. Chiederò alla prefettura di indire un comitato sulla sicurezza e l’ordine pubblico per sapere se in paese ci sono fenomeni pericolosi che non conosco». Avvocato 43enne, eletto pochi mesi fa con oltre il 70% dei voti, assessore all’urbanistica della vecchia giunta nonché figlio di Ermes Coffrini, che in passato ha guidato il comune di Brescello per quasi vent’anni, il sindaco ha rimesso il suo mandato al giudizio del consiglio comunale, che si esprimerà lunedì.  

L’impressione è che i brescellesi stiano dalla sua parte: «Sono di Crotone, ma vivo qui da 43 anni, ho sempre fatto il muratore – dice Carmine Rondinelli -: il sindaco è amico di tutti, un ragazzo splendido e noi siamo tutti con lui. Si vede che ha qualcuno contro. Qua di infiltrazioni non se ne vedono, il paese è sempre stato tranquillo, a parte un episodio vent’anni fa (un omicidio di mafia nel ’92, ndr)». Vittoria Zimbetti è d’accordo con lui: «Coffrini è una brava persona, il paese gli è vicino, questa è solo cattiva pubblicità. Ho fatto la barista per 30 anni e non ho mai avuto noie, Brescello è sempre stato un posto tranquillo». Qualcuno ricorda i 40mila turisti che ogni anno arrivano qui a visitare il museo di Peppone e Don Camillo, attratti irresistibilmente dalla saga inventata da Guareschi. Ma le infiltrazioni? La ‘ndrangheta? «Sono discussioni che mi interessano poco – dice Sergio Setti –. Per dire certe cose con certezza bisogna andarci piano». Vincenzo Sarni gli fa eco: «Ma quale ‘ndrangheta, qui vogliono rovinare l’immagine del paese». 

Franco Giubilei su “La Stampa” (25 settembre 2014)

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Gazzetta di Reggio: “Cortocircuito, siete la parte sana del nostro Paese”

 

 

(Sulla Gazzetta di Reggio – 28 settembre 2014)

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Il Corriere della Sera (ripreso dalla Gazzetta di Reggio): “Cosche, edilizia e grande distribuzione”

Sul caso Brescello e sulle mafie in Emilia interviene il magistrato Nicola Gratteri, procuratore aggiunto della Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria. Le dichiarazioni sono state rilasciate al Corriere della Sera in merito al caso Brescello, che il procuratore però commenta senza entrare nel merito delle affermazioni del sindaco Coffrini, ma attraverso una presa di posizione comunque forte.

«Ci sono amministratori che, pur non essendo collusi, non riescono a capire alcune dinamiche tipicamente mafiose – afferma Gratteri –. Bisogna capire che è un comportamento tipico del mafioso mostrarsi gentile, garbato e affabulatore. Lo fa per radicarsi in una certa realtà. Ci sono pubblici amministratori e imprenditori che hanno aperto le porte alla ‘ndrangheta e alla camorra».

«Anche qui – prosegue il procuratore aggiunto della Direzione antimafia di Reggio Calabria – i partiti devono stare attenti quando fanno le liste: bisogna indagare sulla provenienza della persona che si intende candidare e sulle loro frequentazioni. La ‘ndangheta è ben organizzata e fa presto a offrire pacchetti di voti».

«Frequento l’Emilia Romagna per ragioni giudiziarie da circa 15 anni. La mia prima indagine tra Bologna e Modena riguardava un grosso traffico di cocaina. Di sicuro, da allora, la pervasività della ‘ndrangheta e della camorra è aumentata, e mi riferisco in particolare alla ‘ndrangheta di Cutro».

«In Emilia Romagna le cosche sono molto attive nell’edilizia: è il lavoro che sanno fare meglio. Ora stanno cercando di insediarsi nella grande distribuzione. Non vi aspettate però il mafioso con la coppola e il bastone: quelli sono tutti morti o stanno scontando il 41 bis. Chi viene da voi a fare affari è laureato, capisce di affari e di economia, conosce le lingue, ha viaggiato. Per questo – conclude Nicola Gratteri – è ancora più difficile capire e smarcarsi: ovvio che quando qualcuno si presenta con una valigia di contanti, nessuno può dire di non avere capito».

Il procuratore Gratteri era presente lo scorso 22 maggio alla consegna del premio “Iustitia” a Elia Minari, coordinatore della web-tv Cortocircuito, che si è tenuta all’università della Calabria, con sede a Cosenza.

(Articolo della Gazzetta di Reggio – 29 settembre 2014)

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Il Resto del Carlino: “Cortocircuito ha fatto danni al turismo”

 

Il nostro commento: “Sinceramente pensavamo che fosse difficile fare dichiarazioni più sorprendenti di quelle del sindaco di Brescello Marcello Coffrini. Invece il parroco di Brescello difende l’amico sindaco che ha elogiato il condannato per mafia Francesco Grande Aracri e ci attacca in modo incredibilmente umoristico (ridiamo per non piangere…). Meglio non parlare di mafia, altrimenti si disincentiva il turismo!
Il parroco aggiunge: “A Brescello non si sono registrati episodi di violenza, illegalità e omertà”. In effetti si è registrato solo un omicidio di mafia, tre milioni di euro sequestrati, sentenze e documenti molto chiari della Direzione Distrettuale Antimafia, …non basta?”

Lecci per il Resto del Carlino (29 settembre 2014)

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Parmaoline: “Libera chiede le dimissioni del sindaco di Brescello”

(…) Libera Parma si associa a Libera Reggio Emilia e Libera Emilia Romagna nel chiedere le dimissioni del sindaco di Brescello Marcello Coffrini le cui parole sono inaccettabili, non solo perché tendono a far  passare un condannato in via definitiva per reati di mafia come una “persona composta, educata” ma anche perché costituiscono un atto di debolezza di una istituzione pubblica che dovrebbe invece  con forza e responsabilità essere un baluardo contro le presenze mafiose nel proprio territorio. Per di più apprendiamo da Ermes Coffrini, padre di Marcello e sindaco di Brescello per quasi 20 anni, che i contatti fra i sindaci Coffrini e Grande Aracri sono presenti da piu? di un decennio, che le questioni di mafia sono storie di corna e che il figlio non ha espresso opinioni sbagliate, ha sbagliato solo a dirle ingenuamente davanti ad una telecamera.
Riteniamo doveroso essere al fianco degli amici di Libera Reggio per  qualsiasi iniziativa intendessero organizzare”.

(Articolo pubblicato su Parmaonline – 29 settembre 2014)

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Il Fatto Quotidiano: “Brescello, paese in piazza per il sindaco che difese il boss. E il Comune lo salva”

Di Silvia Bia e Giulia Zaccariello

La mafia in paese? Solo maldicenze. Il boss Francesco Grande Aracri? Una persona normalissima, gentile, che saluta per strada quando lo si incontra. A Brescello, comune in provincia di Reggio Emilia finito nella bufera per le dichiarazioni del suo sindaco Marcello Coffrini, di mafia non vogliono parlare né sentire parlare anche i cittadini, che hanno raccolto oltre seicento firme per continuare a essere ricordati come il paese di Don Camillo e Peppone, e non venire additati come base della ‘ndrangheta e dimora del condannato per mafia Francesco Grande Aracri (il boss vive in paese da oltre 30 anni). “Ma chi dice che qui c’è la mafia? Lo dite voi? La mafia è a Roma, non qui” grida qualcuno, prendendosela con i giornalisti che hanno scritto male del paese e del sindaco. Brescello è un paese in riva al fiume Po: poco più di 5mila abitanti e una comunità di cutresi immigrati che da più di trent’anni vive nella pianura padana (migliaia solo a Reggio Emilia). 

Il lunedì dopo le polemiche, nella piazza del paese si riuniscono oltre 300 persone. Di fronte alla chiesa, tra le statue dei due protagonisti del “Mondo Piccolo” di Giovannino Guareschi, donne e uomini, anziani e giovani si mettono in fila di fronte a due banchetti improvvisati per mettere una firma a sostegno del sindaco Coffrini. Nella folla ci sono anche i famigliari di Grande Aracri, che firmano e poi si allontanano. Poche ore dopo interviene il senatore Luigi Gaetti, vicepresidente della Commissione parlamentare antimafia: “In piazza c’erano anche i figli e parenti del boss. Un gesto che il sindaco di Brescello Coffrini avrebbe dovuto stigmatizzare, chiedendo loro di allontanarsi. Ora intervenga la commissione”. A scuotere il paese non ci è riuscita la condanna per mafia a Francesco Grande Aracri nel 2008, e nemmeno la sorveglianza speciale nel 2013. Non ci è riuscito il sequestro di 3 milioni di euro alla cosca, uno dei più grandi nel nord Italia. Ci è riuscita invece un’intervista della webtv Cortocircuito al primo cittadino. 

In un documentario online, si vede il sindaco negare che “Brescello sia un paese con infiltrazioni mafiose” e definire il boss “una persona gentile ed educata”. E pochi minuti di video sono bastati a mobilitare un paese. “Ma voi nella giustizia ci credete?”, rispondono i cittadini scesi in piazza a chi chiede spiegazioni. Nella manifestazione spontanea messa in piedi in pochi giorni dai cittadini dopo l’inchiesta di Cortocircuito che ha fatto finire Brescello nei titoli di tutti i giornali del Paese, in meno di un’ora i fogli si riempiono e si arriva a quota oltre seicento firme. Gli abitanti fanno scudo intorno al sindaco, cercando di cancellare e di giustificare le sue dichiarazioni in cui Grande Aracri veniva descritto come una persona educata e gentile.

Tra applausi, abbracci e frasi di incoraggiamento arriva anche Coffrini, sfila davanti a un camion vela parcheggiato al centro della piazza, che per l’occasione riporta la sua fotografia con il tricolore e la scritta “Brescello contro tutte le mafie, con Marcello”. Un paramento da campagna elettorale che nessuno vuole rivelare chi abbia finanziato: una colletta tra cittadini, si vocifera all’inizio, poi un imprenditore di cui non si può fare il nome, che ha deciso di sostenere il sindaco, ma nessuno vuole dire di più: “Cosa vi importa? Lo abbiamo pagato noi cittadini per il nostro sindaco”.

La resa dei conti per Coffrini, dopo le critiche emerse dal confronto con il suo partito di sostegno, il Pd (lui è stato eletto con una lista civica), arriva poche ore più tardi in consiglio comunale, dove la maggioranza gli rinnova la fiducia dopo le sue scuse ufficiali, nonostante la richiesta di dimissioni sostenuta dall’associazione Libera di Reggio Emilia e di Parma, e anche da una parte della minoranza consigliare. “Non ho nessun rapporto con Francesco Grande Aracri – ha chiarito il primo cittadino di fronte all’assemblea nel palazzo municipale – So chi è, ma con le mie parole non ho voluto minimizzare i fatti che lo hanno portato a essere condannato e sorvegliato speciale. Ho riflettuto su quanto accaduto e ritengo che non sia stata rispecchiata in modo consono la mia immagine e quella del paese che rappresento”.

La piazza però aveva perdonato Coffrini ben prima che arrivasse il suo mea culpa di fronte ai banchi in consiglio. E così già aveva fatto il parroco don Evandro Gherardi nei giorni scorsi. Sabato 27 settembre in paese c’è stata infatti la processione per la benedizione del “Grande Fiume” e il prete sul palco ha preso posizione in difesa del primo cittadino: “Brescello non è mafiosa, Brescello non è mafiosa, Brescello non è mafiosa”. “La mafia a casa mia non c’è, se c’è qui, non si vede” aggiunge una donna in piazza. Le opinioni sono quasi tutte unanimi anche su Grande Aracri, nonostante i nuovi sequestri e i provvedimenti della magistratura che lo hanno colpito. “Lo vedo al bar, ci prendo il caffè – racconta un ragazzo – è una brava persona, qui non ha mai fatto nulla di male, e quello che fa a casa sua non sono affari miei”.

Nei giorni scorsi il procuratore aggiunto della Dda di Reggio Calabria Nicola Gratteri, intervistato dal Corriere della Sera, aveva detto, riferendosi implicitamente al caso Brescello, che “ci sono amministratori che pur non essendo collusi non riescono a capire alcune dinamiche tipicamente mafiose. Bisogna capire che è un comportamento tipico del mafioso mostrarsi gentile, garbato e affabulatore. Lo fa per radicarsi in una certa realtà”. Tutti però nel comune reggiano a due passi dal Po parlano del sindaco Coffrini come di una persona integra e di fiducia, così come è sempre stato anche suo padre, l’ex sindaco al potere per 20 anni, e danno la colpa di tutto a una dichiarazione rilasciata con ingenuità, prendendosela anche con il Pd, reo di aver preso le distanze dal primo cittadino e da Brescello. “Non dicono niente degli altri posti, di Bibbiano e di Reggio Emilia, ma hanno tirato fango sul nostro sindaco, che è appena stato eletto”.

Nella piazza piena però, c’è anche chi punta il dito contro la manifestazione: “Sono schifata dalla leggerezza e ingenuità con cui è stata affrontata la cosa, non pensavo che ci fosse così tanta gente” mormora una ragazza, prima di allontanarsi. Poche ore dopo, in municipio, alla riconferma della fiducia, il sindaco viene accolto da un altro lungo applauso. Poi il consiglio si appresta ad approvare il bilancio, la piazza si svuota, la gente torna nelle proprie case. Brescello ritorna a essere il paese di Don Camillo e Peppone come se nulla fosse accaduto, proprio come vogliono i suoi abitanti.

Articolo di Silvia Bia e Giulia Zaccariello sul Fatto Quotidiano (30 settembre 2014)

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L’Espresso: “Il sindaco definì il boss una brava persona. Il senatore dell’antimafia: Si deve dimettere”

Di Giovanni Tizian

«Mi dispiace. Siamo con il sindaco. La risposta? L’ha data la piazza». E se a dirlo è il figlio del boss di Brescello c’è da crederci. La parola d’onore, verrebbe da dire, che blinda la posizione del primo cittadino del comune in provincia di Reggio Emilia che in un’intervista ha definito «educato, gentile e composto» Francesco Grande Aracri , condannato per mafia e ritenuto dagli inquirenti al vertice dell’omonimo clan. Il rampollo di famiglia era in prima fila tra gli oltre 250 cittadini che ieri sera hanno riempito la piazza di Brescello per solidarizzare con il sindaco Marcello Coffrini che resterà al suo posto nonostante il partito gli abbia chiesto di dimettersi spiegandogli con una nota durissima che «i sindaci democratici non stringono la mano ai mafiosi».

Tutti con Coffrini, dunque, il figlio d’arte. Suo padre infatti ha governato per vent’anni e ovviamente sta dalla sua parte: «Guardi, sono stato accusato 15 anni fa di aver detto le stesse cose che ripete oggi mio figlio. Solo che quando le ho dette io, non ci fu nessun problema». Insomma, tale padre tale figlio. Ma il Pd non ci sta. Ai vertici locali del partito non sono andate giù queste frasi pronunciate in un territorio ad altissima densità mafiosa, feudo, secondo gli investigatori, della ‘ndrangheta emiliana.

«Il sindaco farebbe ben ad ascoltare quello che gli hanno detto i suoi colleghi», osserva Stefano Vaccari, senatore emiliano del Pd e membro della Commissione antimafia. «Al di là della vicinanza che gli hanno dimostrato i cittadini farebbe bene a prendere atto che il suo gesto si è rivelato inopportuno e ha delle conseguenze politiche rispetto a questioni importanti come il rapporto con famiglie di cui si è accertata l’appartenza alla criminalità organizzata, perciò farebbe bene a prendere atto che la situazione è tale da indurre a una seria riflessione sul suo ruolo», dichiara a “l’Espresso” Vaccari.

In altre parole il Pd Emilia Romagna vorrebbe la sua testa, e non solo. Si vocifera di una possibile espulsione. «Se fosse iscritto al partito, ma non lo è, avrei incaricato la commissione di garanzia, perché si tratta di un comportamento grave per quanto riguarda il codice etico del partito. Ma non essendo tesserato non è possibile percorrere questa strada. Il comportamento è gravissimo anche perché  avvenuto a pochi giorni di distanza da un sequestro antimafia a carico proprio di esponenti del clan Grande Aracri e dalla missione a Bologna della Commissione parlamentare antimafia, segno che il territorio è molto caldo dal punto di vista delle dinamiche mafiose e dove la sottovalutazione del fenomeno è allarmante», conclude.

La manifestazione pro Coffrini e la presenza dei rampolli della ‘ndrina hanno reso ancor più tesa l’aria in casa dei democratici emiliani. La matassa non è facile da sbrogliare: i brescellesi stanno con il sindaco e la maggior parte di loro punta il dito contro i giornalisti che stanno sporcando l’immagine di un paese conosciuto per aver fatto da set cinematografico alla saga di Peppone e Don Camillo, il film tratto dai racconti di Giovannino Guareschi. L’interesse è salvaguardare il turismo. Un ragionamento “normale” in altre epoche, soprattutto nel Sud Italia, quando i governatori di Regione si scagliavano contro i cronisti e gli inviati di quotidiani e televisioni perché con i loro servizi infondevano paure tra la gente che terrorizzata non avrebbe scelto più quei luoghi come mete turistiche. L’ultimo in ordine di tempo è stato Totò Cuffaro, che ha criticato i giornalisti di Report accusandoli si spargere fango sulle bellezze incontaminate della Sicilia. Ma Totò “Vasa vasa” ha fatto la fine che ha fatto e ancora oggi è ristretto nel carcere di Rebibbia. Nel 2014 invece certe affermazioni diventano normali in altri luoghi, in quelle terre dove si è radicata la mafia imprenditrice.

In questo pezzo di pianura padana, bagnata dal Po, immersa in una quieta surreale, sembra di rivedere un remake del “Giorno della civetta”. La mafia, o meglio, la ‘ndrangheta, qui non deve esistere. E se i fatti di cronaca smentiscono questa visione ottimistica della realtà, i paladini della tranquillità si difendono con una verità incontestabile: in provincia di Reggio Emilia non si spara da anni, quindi la mafia non c’è, non esiste. Già, perché le cosche fanno paura solo quando sparano. Se riciclano, se prestano denaro e poi si impossessano delle aziende reggiane, se monopolizzando interi settori dell’economia tagliando fuori gli imprenditori onesti, non fanno paura. L’omicidio dell’economia Sono imprenditori, magari un po’ più spregiudicati degli altri, ma pure sempre rispettabilissimi imprenditori. In Emilia, la ‘ndrangheta dal volto umano è accettata, un po’ per paura, ma soprattutto per convenienza.

Chissà se Peppone e don Camillo per una volta si sarebbero trovati d’accordo, o avrebbero litigato anche sulla ‘ndrangheta.

Articolo di Giovanni Tizian su L’Espresso (30 settembre 2014)

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Reggionline: “Il sindaco si scusa in Consiglio comunale”

(…) Passo indietro del sindaco di Brescello in Consiglio Comunale: “Voglio rendere merito all’associazione Cortocircuito di aver raggiunto un risultato positivo, ossia l’aver spinto il sottoscritto, ma anche la nostra comunità, a riflettere approfonditamente, per ore e giorni, sul fenomeno mafioso, per poi svolgere una severa autocritica….”.

E aggiunge: “In questi giorni difficili la mia consapevolezza si è notevolmente ampliata, di come la ‘ndrangheta possa infiltrarsi con altri mezzi, magari più subdoli poiché connotati da una apparente normalità”.

Poi ai giornalisti presenti ha precisato: “Non ho nessuno appunto da fare nei confronti di chi mi ha intervistato. Ci tengo a precisarlo bene. Loro hanno svolto un compito importante perchè sono dei ragazzi che esprimono coraggio trattando delle tematiche difficile ed è giusto agevolarli”. (…)

(articolo di Reggionline.com – 29 settembre 2014)

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Il Fatto Quotidiano: “Gian Carlo Caselli: A Brescello miopia, ignoranza e sottovalutazione”

Editoriale dell’ex procuratore capo di Palermo Gian Carlo Caselli:

“A Brescello una troupe di giovani coraggiosi ha girato, come web-tv “Cortocircuito”, un formidabile servizio. Tema: gli ottimi e cordialissimi rapporti del sindaco (Pd) con tal Francesco Grande Aracri, abitante nel paese da molti anni ma non un cittadino come tutti gli altri. Egli infatti è stato condannato per mafia e sottoposto a sorveglianza speciale.

E’ inoltre al centro di attività economiche sospette che hanno recentemente portato ad un sequestro di beni a suo carico, da parte dei CC di Reggio Emilia, per un valore di 3 milioni di euro. Fa da cornice al tutto l’accusa di legami con la cosca ‘ndranghetista di Cutro, E tuttavia il sindaco ha definito questo soggetto “persona educata e composta, gentilissima e tranquilla, sempre vissuta a basso livello”.

Brescello è anche il paese di Peppone e don Camillo, mitici personaggi di Guareschi, resi ancor più famosi dai film interpretati da Cervi e Fernandel, nel ruolo di sindaco e parroco. Solo che le cose sono cambiate, rispetto a quei tempi. Perché Peppone e don Camillo (rompendo una crosta solo apparente di bonomia) facevano continuamente prorompere un torrente di divergenze, litigi, scontri e risse.

Ora invece parroco e consiglio comunale si schierano subito dalla parte del sindaco. Ormai è tutto un idilliaco “pappa e ciccia” , un universale “volemose bene” all’insegna dell’indignata negazione dell’esistenza di qualunque problema di mafia. Si organizzano iniziative popolari pro-sindaco e si raccolgono per lui firme di solidarietà e sostegno (con il concorso, pare, dei familiari del condannato). E chi prospetta anche solo la possibilità di infiltrazioni illegali nel paese è pregato senza tanti riguardi di farsi da parte e starsene zitto.
Brescello in verità non si differenzia troppo da molte altre zone del Centro e Nord Italia.

Spesso, anche se vi sono presenze mafiose di tutta evidenza, fortissima e diffusa è la tendenza a negarle. Miopia, superficialità, sottovalutazione e ignoranza si intrecciano con una sorta di distacco “aristocratico” del Centro-Nord verso problemi considerati a torto roba esclusiva di un Sud arretrato e povero. Senza accorgersi che così si spalancano praterie sconfinate alla penetrazione dei mafiosi.Che per parte loro fanno di tutto (ce l’hanno nel DNA) per passare inosservati, per non essere avvertiti come un pericolo: dimostrando notevoli capacità di “ibridarsi” mescolandosi e mimetizzandosi con le persone per bene. Con il paradosso che questa mimetizzazione (la vita “a basso livello”…) finisce per essere un comodo alibi per chi non vuol vedere o prova a giustificare la sua disattenzione.

Viene in mente quel che il prefetto di Palermo Carlo Alberto dalla Chiesa aveva dichiarato oltre trent’anni fa a Giorgio Bocca, pochi giorni prima di essere ucciso dalla mafia, a proposito dei Corleonesi ( i Liggio, i Collura, i Criscione ecc.) che nel 1949 erano stati da lui denunziati in Sicilia per più omicidi e sempre assolti per insufficienza di prove, e poi si erano “tutti stranamente ritrovati a Venaria Reale alle porte di Torino”.

Dalla Chiesa chiedeva “notizie sul loro conto e gli veniva risposto ‘brave persone, non disturbano, firmano regolarmente’. E nessuno si era accorto che in giornata magari erano venuti a Palermo o tenevano ufficio a Milano o, chi sa, erano stati a Londra o Parigi”. Tempi, luoghi e personaggi sono diversi: ma sostanzialmente uguale è il giudizio troppo ottimistico e indulgente: ieri “brave persone” oggi “persone educate e composte”, come a smentire che la storia non si ripete.

Quel che il sindaco e gli abitanti di Brescello (purtroppo come tanti altri) non vogliono neppure prendere in considerazione e’ la sicura, accertata forza relazionale della ‘ndrangheta soprattutto nei piccoli centri, cioè la sua costante ricerca di credito sociale attraverso stretti rapporti con le amministrazioni locali e la popolazione: senza commettere reati che creino troppo allarme, ma facendo valere come immanente (senza strafare) la forza che comunque discende dal loro persistente legame con l’organizzazione criminale le cui radici restano in Calabria.

Con il risultato di un sotterraneo, crescente intreccio con il mondo “per bene” e di una progressiva intensificazione dell’inquinamento dell’economia pulita ad opera di quella illegale. A volte facilitata dal fatto che un aiutino per superare le difficoltà economiche contingenti può anche far comodo e può indurre a negare di avere a che fare non persone poco raccomandabili.”

Gian Carlo Caselli sul Fatto Quotidiano (3 ottobre 2014)

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Il Resto del Carlino: “Tante pressioni. E solidarietà”

 

Intervista di Simone Russo sul Resto del Carlino (3 ottobre 2014)

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Gazzetta di Reggio: “Cortocircuito: In lista con il Pd? No grazie. Avevano proposto la loro candidatura alle Regionali. Ma i ragazzi della web-tv hanno declinato l’invito”

 

 “Vi ringraziamo tantissimo per la grande fiducia e stima, che speriamo di meritare. La vostra proposta ci lusinga e ci riempie d’orgoglio, per la speranza di avere fatto, nel nostro piccolo, qualcosa di positivo per la comunità reggiana. In questo momento tuttavia preferiamo continuare in modo indipendente, senza subire probabili conseguenti strumentalizzazioni dovute al candidarsi con un partito politico. Crediamo ci sia bisogno di cittadini che portino avanti le loro idee fuori dai partiti”.

(Articolo della Gazzetta di Reggio – 6 ottobre 2014)

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Stampa Reggiana: “Mafie di casa nostra, c’è poco da ridere”

Isabella Trovato sul mensile “Stampa Reggiana” (7 ottobre 2014)

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Note modenesi: “Noi non baciamo le mani”

Di Laura Solieri

“Se ogni cittadino nel suo piccolo facesse la sua parte le cose potrebbero cambiare”. Una dichiarazione d’intenti che, per una volta, non puzza lontano un chilometro del gattopardismo a cui siamo abituati da sempre in Italia, ma risulta davvero credibile. Perché è a pronunciarla è un ragazzo di appena 22 anni che, insieme un gruppo di compagni e amici coetanei, ha dimostrato coi fatti che sì, a crederci e a impegnarsi, a non aver paura, le cose possono cambiare davvero. In meglio.

In un sabato pomeriggio di sole autunnale, riesco a rubare mezz’ora di telefonata a Elia Minari, coordinatore della redazione della web-tv studentesca Cortocircuito di Reggio Emilia, che con la video-inchiesta  “La ‘Ndrangheta di casa nostra. Radici in terra emiliana” –  ne abbiamo parlato giorni scorsi sempre su queste pagine – ha dato vita a un vero e proprio terremoto politico. Col sindaco PD di Brescello Marcello Coffrini messo alla sbarra per le sue discutibili dichiarazioni sulla presenza mafiosa nella cittadina ( «La criminalità organizzata a Brescello non esiste: è un leitmotiv») e in particolare su Francesco Grande Aracri – imprenditore edile residente in paese, condannato in via definitiva per associazione di stampo mafioso – descritto dal sindaco come «un uomo composto, educato, che ha sempre vissuto a basso livello». Peccato per il buon Coffrini e per tutte le anime belle che ancora vogliono credere all’esistenza di un ‘mondo piccolo’ come quello di Peppone e Don Camillo raccontato da Guareschi, che tutti i rapporti danno la criminalità organizzata di stampo mafioso non solo infiltrata, ma ormai stabilmente radicata in Emilia-Romagna. Ragion per cui è difficile credere che il classico saluto al boss, “Baciamo le mani” non sia diventata una consuetudine, magari non esibita, anche qui da noi.

L’inchiesta dei ragazzi di Cortocircuito non è scivolata nel silenzio omertoso come spesso accade quando si parla di certi temi: ne ha dato ampiamente conto sia la stampa locale che nazionale. Perciò, sono giorni intensi per Elia e i ragazzi di Cortocircuito: hanno scoperchiato un vaso di Pandora difficile da richiudere.

La storia e l’attività di questa associazione studentesca fa riflettere molto su come in Italia i media affrontano il tema della criminalità organizzata. 15 ragazzi, età media 20 anni, una telecamera, coraggio e competenza. Un gruppo di formazione eterogenea, che ha all’attivo una decina di cortometraggi e 5 inchieste, impegnato nell’organizzazione di incontri antimafia e iniziative di informazione e sensibilizzazione sulla criminalità organizzata. Insomma, loro la “lotta alla mafia” la fanno sul serio, con tutti i mezzi a loro disposizione.

«Siamo un’associazione studentesca, non c’è una struttura gerarchica ufficiale – spiega Elia, 22 anni, studente di Giurisprudenza, a cui non piace il termine ‘caporedattore’ – La nostra avventura parte nel 2009 quando frequentavamo le superiori, come giornalino studentesco indipendente di diverse scuole superiori di Reggio Emilia. Strada facendo, ci siamo concentrati su alcune indagini che interessavano Reggio Emilia e l’Emilia-Romagna in generale perché sentivamo l’esigenza di capire meglio e di porci domande partendo da documenti ufficiali. Vedevamo che si faticava a parlare di certi fatti, relegati alla pagine di cronaca nera dei quotidiani, quando invece, spesso, gli elementi più importanti sono quelli economici, pur senza sottovalutare certi fatti inquietanti di cronaca nera.

Per cercare di capire meglio il fenomeno, abbiamo iniziato facendo qualche intervista, poi cortometraggi e infine inchieste. Ad esempio sulla realizzazione di opere e servizi pubblici e collegamenti con la criminalità organizzata di stampo mafioso. Tutto questo lo abbiamo fatto da cittadini prima ancora che da studenti, facendo incontri nelle scuole, con giornalisti ed esperti del fenomeno mafioso».

Per l’ultima inchiesta realizzata, Cortocircuito ha impiegato l’intera estate: «ci è voluto molto tempo per la ricerca e lo studio dei documenti, fare le interviste, selezionare il materiale: non è stato facile trovare immediatamente storie interessanti. Siamo rimasti molto sorpresi dal fatto che tanti emiliani abbiano preferito non essere intervistati, trincerandosi dietro un silenzio imbarazzante» afferma deciso Minari.

E i genitori cosa ne pensano di tutto questo coraggio e intraprendenza? Non hanno qualche timore? La mafia fa paura, no? «Sono contenti del nostro impegno anche se c’è un po’ di preoccupazione – sorride Minari – Ci sono pressioni di diverso tipo, bisogna metterle in conto se si affrontano certe tematiche – ammette candidamente lo studente – Noi ci basiamo su documenti ufficiali e stiamo molto attenti a come usiamo le parole. Raccontiamo dati e fatti: questa è la nostra certezza. Non vogliamo insegnare nulla a nessuno: nel nostro lavoro, ci limitiamo a porre delle domande sulla base di documenti e voci autorevoli raccolte. In questi giorni così difficili ci sono arrivati tanti messaggi da calabresi onesti che hanno scelto da che parte stare e che non si riconoscono nelle frasi dei loro conterranei».

«Ognuno di noi fa costantemente delle scelte: scegliamo quale locale frequentare la sera, a quale azienda fare ristrutturare casa nostra, cosa comprare al supermercato. Noi abbiamo deciso di confrontarci tra cittadini su questi argomenti, di declinare in questo modo il nostro ‘essere cittadini’. La speranza è quella che si sia capita l’urgenza del tema, la necessità di parlarne senza evitare o procrastinare la questione. Non è facile ammettere che l’Emilia debba affrontare questo ostacolo; io in primis ho dovuto mettere in discussione tanti miei pregiudizi e luoghi comuni della città in cui sono nato, della realtà in cui sono cresciuto e che mi era stata descritta in modo diverso».

Ma la realtà, evidentemente, è un’altra. E ci sono voluti dei ragazzi di vent’anni per farcelo ricordare.

Articolo di Laura Solieri per Note Modenesi (10 ottobre 2014)

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24Emilia: “Brescello, la manifestazione per Coffrini fu una messinscena. La procura indaga”

“Brescello contro le mafie e con il sindaco Marcello”. Così recitava il grosso pannello comparso in piazza a Brescello lunedì 29 settembre scorso, in occasione del consiglio comunale a cui il primo cittadino aveva rimesso il mandato dopo la bufera nata dalle dichiarazioni su Grande Aracri. Tanti i cittadini scesi in piazza a sostegno del sindaco con una raccolta firme, tra applausi e strette di mano. Il sindaco si era detto commosso dall’affetto dei suoi compaesani.

Da una informativa dei carabinieri, scrive la Gazzetta di Reggio, finita sul tavolo del procuratore capo Grandinetti e del pm Stefania Pigozzi per l’apertura di un fascicolo al momento senza ipotesi di reato né indagati, si scopre però che a commissionare il camion-vela all’agenzia di pubblicità Pool 94 di Castellarano ci sarebbe la Pro loco di Brescello, a cui doveva essere rilasciata la fattura di pagamento. Poi però è nato un comitato di 9 persone (Ettore Cagna, Mauro Savio, Addo Boni, Sante Benicchi, Germano Lanzi, Angelo Bianchi, Oscar Bergamo, Stefano Artoni ed Enzo Dazi), sostenitrici del sindaco, tutte tesserate della Pro loco. I nove sostengono di aver messo in atto una colletta spontanea (raccolti 270 euro, di cui 250 euro per il noleggio del camion-vela e il resto per la stampa dei cartelloni).

I carabinieri hanno, tuttavia, individuato una e-mail in cui il sindaco invia in prima persona il testo dello slogan da trascrivere sul camion-vela (“Brescello contro tutte le mafie con Marcello”) e la foto scelta. Una bozza poi utilizzata dall’agenzia di pubblicità per i cartelloni posti a lato della piazza durante la manifestazione.

(Articolo di 24Emilia – 11 ottobre 2014)

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Gazzetta di Reggio: “Coffrini, il comune di Novellara revoca gli incarichi al sindaco-avvocato”

Con una delibera, esecutiva da ieri, la giunta comunale di Novellara ha revocato gli “incarichi giudiziali e stragiudiziali in essere con lo studio legale associato Coffrini Ermes e Coffrini Marcello e con i singoli professionisti”. La decisione era nell’aria da qualche tempo, a seguito delle dichiarazioni del sindaco di Brescello Marcello Coffrini su Francesco Grande Aracri, nell’ambito dell’inchiesta giornalistica condotta dai ragazzi di Cortocircuito sulle infiltrazioni delle mafie nel nostro territorio. Dichiarazioni che a posteriori lo stesso sindaco aveva definito «maldestre e sicuramente dettate da ingenuità», ma che hanno provocato sdegnate reazioni, acuite dopo la manifestazione in piazza di un numero consistente di brescellesi nel giorno del consiglio comunale che avrebbe dovuto “processare” Coffrini.

Una decisione ponderata e dolorosa, ha detto la sindaca di Novellara Elena Carletti, per il lungo e positivo rapporto di fiducia e di collaborazione da tanti anni esistente fra il Comune di Novellara e gli avvocati Coffrini, padre e figlio. Per questo, prima della pubblicazione del verbale di deliberazione della giunta, la Carletti ha voluto incontrare il sindaco di Brescello, per ribadirgli personalmente che in questa decisione non c’è nulla di personale, e nessuna valutazione negativa sulla professionalità dello studio, ma dipende invece dalla presa d’atto che a fronte della ormai diffusa ed evidente presenza della mafia nel reggiano, gli enti pubblici non devono in alcun modo dare segnali di indifferenza e di sottovalutazione, ne sono più ammesse neppure prese di posizione maldestre e ingenue.

Sul piano pratico, la giunta ha affidato all’avvocato reggiano Mauro Rossi la rappresentanza in giudizio e la difesa delle ragioni del Comune in relazione a tre cause, fra le quali anche e la procedura arbitrale fra il Comune di Novellara e l’Antica Corte dei Gonzaga srl in liquidazione, che di fatto blocca il riallestimento nei sotterranei della Rocca del Museo della Cultura e del Lavoro contadino. Altre tre cause pendenti sono state affidate all’avvocato Antonio Maria Salvatore Drogo, compreso il ricorso al Consiglio di stato per la revoca della recente sentenza sulla ormai annosa vicenda del famoso “cono visivo” che blocca incredibilmente da decenni la realizzazione del secondo stralcio della Tangenziale.

(Articolo della Gazzetta di Reggio – 21 ottobre 2014)

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Il Fatto Quotidiano: “Scuola, a Montecchio appalto senza certificato antimafia. Cantiere fermo”

Di Silvia Bia

Un appalto tra le polemiche, lavori fermi da mesi e un’azienda scomparsa nel nulla. Continuano le polemiche per i lavori alla scuola di Montecchio (Reggio Emilia) affidati all’impresa Saedil. E ora la Procura di Reggio Emilia pare intenzionata a valutare che non vi siano state irregolarità nell’affidamento dei lavori. Dopo il caso di Brescello, anche l’altro comune del reggiano finito al centro dell’inchiesta della web tv Cortocircuito finisce tra i sorvegliati speciali per il rischio di infiltrazioni della criminalità organizzata. A Montecchio i riflettori sono accesi sul cantiere della nuova scuola media, fermo da mesi nonostante la consegna fosse fissata per lo scorso febbraio. Da maggio la ditta che aveva ricevuto l’incarico, la Saedil di Gricignano di Aversa in provincia di Caserta, comune già sciolto per mafia nel 2010, è sparita nel nulla, lasciando non solo i lavori a metà, ma una scia di debiti in paese, tra ristoranti e affittacamere. Solo in seguito è emerso che l’impresa non ha mai presentato il certificato antimafia, come richiesto per le ditte che lavorano con le pubbliche amministrazioni, anche se il sindaco del Comune Paolo Colli ha sempre affermato di fronte alle telecamere di Cortocircuito di avere segnalato l’affidamento dell’appalto alla prefetture competenti.

Tra i documenti della gara però, non vi sarebbe traccia nemmeno della lettera di richiesta di certificazione antimafia da parte del Comune. Eppure a Montecchio esiste anche un responsabile per la prevenzione della corruzione, individuato nel segretario comunale Stefano Gandellini, che avrebbe il compito di vigilare proprio su tutte le attività sottoposte al rischio di pressioni o influenze, e sul rispetto della legalità nella pubblica amministrazione. La nomina risale al 25 marzo 2013 ed è stata fatta proprio dal sindaco Colli, e nello stesso anno è stato varato ancheun piano triennale di prevenzione alla corruzione valido dal 2013 al 2015, che tra le funzioni ad alto rischio individua proprio “la scelta del contraente per l’affidamento di lavori, servizi, fornitore”. E che sottolinea in particolare l’“elevato rischio” per i servizi dell’ufficio tecnico. Nonostante il protocollo, che dovrebbe garantire la massima attenzione sui temi della legalità e della trasparenza, sembra però che l’ufficio tecnico che ha affidato l’appalto alla Saedil non abbia mai fatto richiesta del certificato antimafia. O almeno, questo quanto risulta alla minoranza, che ha analizzato i documenti dell’appalto. Tra l’altro il cantiere di Montecchio, a differenza di tutti gli altri della Provincia, non è mai comparso sul portale di Opal-Re, un sito che ha proprio l’obiettivo di rendere trasparente alla cittadinanza i lavori della pubblica amministrazione, segnalando tutte le opere in corso nei vari comuni, le ditte aggiudicatarie di appalto, comprensive dei subappalti e dello stato del progetto in corso.

Il bando di gara per la scuola di Montecchio era uscito a marzo 2012 e i lavori erano stati affidati a settembre dello stesso anno. Vincitrice era risultata la Saedil di Gricignano, che aveva presentato l’offerta migliore con un ribasso del 23 per cento sul prezzo finale, e soprattutto un record sulla consegna, con 45 giorni in meno rispetto alle previsioni del progetto preliminare. Il contratto di appalto, per un importo di oltre 1,5 milioni di euro, prevedeva il completamento della scuola media a fine febbraio 2014. Un termine che avrebbe consentito al sindaco Colli, sostenuto dal Pd e che guidava il Comune già al tempo della gara e dell’affidamento, di tagliare il nastro del nuovo istituto in anticipo sulla campagna elettorale per il secondo mandato, mettendo la sua firma a un progetto che sicuramente avrebbe giovato a tutta la cittadinanza. Il primo cittadino è riuscito ugualmente a farsi rieleggere a maggio 2014, ma le cose sono andate diversamente per la scuola, visto che la ditta, già in ritardo sulla consegna, a maggio è sparita nel nulla, lasciando l’edificio con le impalcature e i lavori da terminare. L’appalto è stato revocato, i lavori saranno riaffidati, ma intanto a Montecchio gli studenti non sono riusciti a entrare nella nuova scuola nemmeno a settembre.

“In campagna elettorale Colli non ha mai risposto sulla mancata consegna dell’opera. Ora dovrà darci spiegazioni” ha spiegatoMauro Caldini, capogruppo in consiglio comunale del M5S che ora vuole la testa del sindaco. Dopo lo scoppio del caso, al consigliere è stato addirittura impedito di parlare in consiglio comunale. “Hanno violato il regolamento, facendo saltare le comunicazioni a inizio seduta – racconta – Volevo chiedere le dimissioni del sindaco, ma le ho chieste ugualmente. Su questa vicenda bisogna fare chiarezza”.

Articolo di Silvia Bia per Il Fatto Quotidiano (27 ottobre 2014)

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Il vice-presidente della Commissione Parlamentare Antimafia: “Sono scosso dalla reazione dei brescellesi”. “Il servizio di Cortocircuito è straordinario”.

Vedi QUI il video dell’intervista a Fava.

“Io sono rimasto stupito e scosso a vedere il servizio straordinario realizzato dai ragazzi della web-tv di Cortocircuito, che ha mostrato il modo in cui Brescello si stringe attorno al bisogno di far finta di nulla, di tacere e considerare Francesco Grande Aracri come un benefattore perché ha dato lavoro e dire che la ‘ndrangheta è una questione che riguarda i calabresi, la Sila e l’Aspromonte. Ma così non è”. Il deputato del gruppo misto Claudio Fava, lo sceneggiatore de “I cento passi”, una vita passata a combattere la mafia da quando, trent’anni fa le cosche gli uccisero il padre Giuseppe, direttore della rivista I Siciliani in cui lo stesso Claudio lavorava, giudica così quello che è successo a Brescello.

Fava ieri pomeriggio era alla libreria All’Arco per presentare il suo libro “Prima che la notte”, scritto a quattro mani con il collega Michele Gambino. Alla presentazione del libro, organizzata da Sel e dall’ex vicesindaco Franco Ferretti, è intervenuto, a dialogare con Fava, anche il sindaco Luca Vecchi. Nel libro si parla di un uomo Giuseppe Fava, padre di Claudio, e del percorso di crescita dei giovani che lavoravano al giornale “I Siciliani”, fondato dal giornalista assassinato dalla mafia, che, per citare le parole della prefazione del libro, “nello spazio di una notte si ritrovarono subito adulti, invecchiati, con lo sguardo ferito, l’innocenza smarrita”.

Intervistato da Reggionline, prima della presentazione del libro, Fava ha detto a proposito delle infiltrazioni mafiose in Emilia-Romagna e nel nord: “Forse è accaduto che c’è stata una caduta della soglia di tolleranza e la questione morale non è più centrale. C’è anche l’uso di espressioni e punti di vista un po’ regressivi. Un sindaco dice: “E’ una cosi brava persona”. Ma i capimafia non mostrano i canini e non agitano il fucile a canne mozze. Hanno la capacità di costuire consenso sociale, dare lavoro e stare dentro a un tessuto economico stando al loro posto. Non è la benevolenza e la cortesia dei modi a rendere una persona pericolosa, ma ciò che rappresenta realmente e Grande Aracri dimostra, in modo manifesto, la presenza forte e radicata della ‘ndrangheta in Emilia-Romagna e la subalternità della politica alla mafia, soprattutto quando un sindaco si avventura a dare queste patenti di impunità”.

Conclude Fava: “L’Emilia non sfugge e non ci si può stupire del consolidamento della criminalità organizzata. C’è stata una certa sottovalutazione della capacità di infiltrazione delle mafie. Ci sono dati che lo indicano e penso ai beni confiscati, ai numerosi appalti intercettati e dati alle cosche mafiose”.

(Articolo di Reggionline – 3 novembre 2014)

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Vedi anche:

– Incontro con il Procuratore Nazionale Antimafia
– La video-inchiesta “Non è successo niente. 40 roghi a Reggio Emilia”
– Intervista del web-magazine “AgoraVox” sulle iniziative di Cortocircuito
– Sul Corriere della Sera: “Cortocircuito, la web tv degli studenti-reporter che combatte la mafia

«Elia, lei ha fatto vedere una video-inchiesta di straordinario valore informativo», afferma il magistrato. «È un filmato che dimostra come sia cambiata la società, la politica e le amministrazioni in questa regione. Lei mi ha fatto vedere un confronto – prosegue il presidente del Tribunale di Bologna – che è drammatico. Mi ha mostrato episodi eclatanti e clamorosi di incapacità di capire il fenomeno».[i]  


[i] Parole pronunciate il 18 settembre 2014 nel teatro di Casalgrande, in provincia di Reggio Emilia.

 

Incontro al Parco Nord di Bologna

Siamo stati invitati, per parlare di Cortocircuito e del giornalismo antimafia d’inchiesta in Emilia, a partecipare a un incontro che si terrà venerdì 12 settembre 2014 alle ore 19.30 allo spazio “Macondo Espress”  (in memoria del giornalista Mauro Rostagno ucciso da Cosa Nostra) presso la Festa Nazionale dell’Unità, al Parco Nord di Bologna.

Per mantenere la nostra INDIPENDENZA politica (che da sempre ci contraddistingue) abbiamo richiesto che lo sfondo dello spazio, al momento dell’iniziativa, sia privo di bandiere e loghi di partito.

Gli ospiti dell’incontro saranno: Patrick Wild del “Gruppo Antimafia Pio La Torre” di Rimini ed Elia Minari della web-tv Cortocircuito di Reggio Emilia. Coordina: Sofia Nardacchione del presidio “Mauro Rostagno” di Libera e del Coordinamento di Libera Bologna.

La Redazione di Cortocircuito

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Vedi anche:

– Sul Corriere della Sera: “Cortocircuito, la web tv degli studenti-reporter che combatte la mafia”
– La video-inchiesta sui quaranta roghi di probabile origine dolosa
– Alcuni video della serata antimafia del 17 settembre in Sala del Tricolore
– Incontro-intervista sulla corruzione con Davigo e Gomez in Sala del Tricolore, le foto
– Incontro con i magistrati Nino Di Matteo, pm del processo sulla trattativa Stato-mafia e Nicola Gratteri

Intervista del web-magazine “AgoraVox” sulle iniziative di Cortocircuito

Articolo di Marco Scipolo

«Anche in Emilia i diritti, la legalità e la democrazia non sono scontati. Sono principi da rendere concreti, riaffermandoli ogni giorno. Lo dimostrano, ad esempio, le oltre quaranta aziende bloccate negli ultimi anni dalle Prefetture di Modena e Reggio Emilia».

A sottolinearlo, ad AgoraVox, è Elia Minari, reggiano, studente universitario di Giurisprudenza, di recente insignito del Premio nazionale “Iustitia”, riconoscimento istituito dal corso di pedagogia della R-Esistenza dell’Università della Calabria per onorare la figura di Rosario Livatino, il giudice 37enne che indagava sugli intrecci tra criminalità organizzata, politica ed imprenditoria e che fu ucciso dalla mafia nel 1990, da quattro killer, mentre si stava recando con l’auto al tribunale di Agrigento. Queste le motivazioni del Premio conferitogli:

«Elia Minari ha avuto il coraggio di fare una cosa straordinaria: già da quando era studente liceale ha denunciato le infiltrazioni del potere ‘ndranghetista nella città di Reggio Emilia e nella regione Emilia-Romagna. La redazione di Cortocircuito, web-tv indipendente e associazione di Reggio Emilia, che Elia Minari coordina, fa inchieste forti, vere. C’è un modo diverso di stare al mondo anche a vent’anni, Elia ne è la dimostrazione. Elia Minari è un giovane giornalista, autore di video-inchieste controcorrente sulla criminalità organizzata in Emilia Romagna. È un esempio per le nuove generazioni». A Cosenza gli è stata assegnata la Croce Bizantina, simbolo del Premio Iustitia “Rosario Livatino”, in memoria della frase più celebre del giudice: «Quando moriremo, nessuno ci verrà a chiedere quanto siamo stati credenti, ma credibili».

«Il lavoro di redazione parte sempre dalla ricerca e dall’approfondimento dei documenti, cercando di mettere in fila nomi, cognomi e fatti», spiega il coordinatore di Cortocircuito che è formato da una quindicina di ragazze e ragazzi universitari, di età compresa tra i diciannove ed i ventidue anni. Giovani pieni di entusiasmo, che hanno volontà di informarsi e di informare, che amano la propria terra e sensibilizzano alla legalità cittadini e coetanei. Realizzano inchieste ed organizzano incontri con esperti antimafia in luoghi pubblici e scuole, accendendo i fari sulle infiltrazioni mafiose nel loro territorio, per troppi anni negate od ignorate. Per questo sono diventati anche scomodi, per qualcuno, e hanno ricevuto intimidazioni.

Solo negli ultimi mesi, da settembre 2013 all’aprile 2014, hanno promosso 48 iniziative antimafia. Rappresentano la gioventù migliore del nostro Paese, quella nella quale riponevano fiducia tanti servitori dello Stato, che hanno sacrificato la vita nella lotta contro la mafia, come il generale-prefetto Carlo Alberto dalla Chiesa, il quale già nel 1982 parlò di presenza mafiosa nel Nord Italia.

Osservando il lavoro svolto da questi ragazzi, il pensiero non può non andare alle parole di speranza pronunciate proprio dal Generale: «Credo nei giovani e nel loro sguardo pulito. Li amo perché sono semplici, sono di pasta buona, hanno gli occhi puliti e ne sono spesso ricambiato». I ragazzi di Cortocircuito, impegnati in un progetto encomiabile, sono i giovani che abbiamo il dovere di non lasciare soli perché mettono in pratica gli insegnamenti e gli ideali di molti eroi italiani, da Carlo Alberto dalla Chiesa a Pippo Fava, da Rosario Livatino a Giovanni Falcone e Paolo Borsellino.

Ecco l’intervista che Elia Minari ci ha rilasciato.

– Complimenti, davvero, per il Premio “Iustitia”. Si aspettava di ricevere questo riconoscimento dedicato alla memoria di un rigoroso ed eroico magistrato antimafia come Livatino? E ci può descrivere l’emozione della cerimonia ufficiale di consegna?

E’ un premio con un significato profondo, spero di meritarlo. Certamente è stata un’emozione intensissima, ma ancora più emozionante è stato conoscere alcuni dei tanti studenti che hanno scelto di assistere alla premiazione all’Università della Calabria, con sede a Cosenza. Negli sguardi e nelle voci di quelle ragazze e di quei ragazzi calabresi ho notato tanta voglia di autentico riscatto. Un desiderio di cambiare le cose che raramente ho incontrato nel laborioso Nord Italia, di cui sono originario.

Il procuratore Nicola Gratteri con Elia Minari

Alla premiazione era presente anche il magistrato Nicola Gratteri, procuratore aggiunto della Direzione Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria…

Esatto, l’esperienza cosentina è stata anche l’occasione per rincontrare il procuratore Nicola Gratteri. I magistrati come Gratteri andrebbero ringraziati e ricordati da vivi e non solo dopo la morte, come è invece accaduto al giudice Rosario Livatino, a cui il premio “Iustitia” è intitolato.

Lei è giovane. Quando e perché ha iniziato ad interessarsi di legalità e lotta alla mafia?

Ho iniziato a interessarmi del problema per la prima volta quando avevo undici anni. Un mio compagno di corso della scuola media, solitamente piuttosto agitato ed esuberante, era stranamente silenzioso. All’improvviso era diventato nipote di un condannato, a più di dieci anni di carcere, poiché personaggio di primo piano della ‘ndrangheta, la mafia calabrese. Ancora oggi sul padre e sulla famiglia del mio compagno ci sono diverse indagini di mafia. E suo zio è stato ucciso in una faida della criminalità organizzata.

E’ stato un episodio isolato?

Quando frequentavo i primi mesi di scuola delle elementari, una bomba esplose in un bar, provocando diversi feriti. Quel bar era poco lontano da casa mia. A quell’episodio è seguita una scia di sangue di stampo ‘ndranghetista con alcuni morti ammazzati sulle strade della mia città. Eppure non sono nato nel profondo Sud Italia, ma nella civilissima Reggio Emilia, dichiarata cuore produttivo dell’Emilia efficiente.

Una delle prime iniziative di Cortocircuito

Cos’è Cortocircuito e come si è sviluppato nel tempo?

Cortocircuito è una web-tv indipendente che realizza documentari e video-inchieste principalmente sulla criminalità organizzata, ma non solo. L’esperienza di Cortocircuito però è nata, nel 2009, come giornale studentesco delle scuole superiori di Reggio Emilia. Fin da subito abbiamo cercato di approfondire quelle tematiche secondo noi taciute o sottovalutate dai media tradizionali. Abbiamo cercato di farlo senza presunzione, senza essere giornalisti professionisti, ma semplici studenti. Così siamo arrivati a realizzare alcune inchieste sulla stazione Mediopadana, l’unica fermata in linea del treno ad alta velocità tra Milano e Bologna, oltre che su Iren, la multiutility che gestisce il ciclo dei rifiuti in diverse città del Nord Italia.

Negli anni passati, c’è stata una sottovalutazione del fenomeno delle infiltrazioni mafiose nel territorio dell’Emilia Romagna?

Sicuramente. Oggi sono in tantissimi ad ammetterlo, più difficile era dichiararlo alcuni anni fa. Per tanto tempo, nonostante diversi episodi avrebbero dovuto fare preoccupare, molte persone – mi ricordo le interviste realizzate cinque anni fa – affermavano con sicurezza: “L’Emilia-Romagna ha gli anticorpi contro le mafie. Nelle nostre città il tessuto economico è sano”. Addirittura, alcuni anni fa, un esponente del mondo economico arrivò a scrivere su un giornale locale che le iniziative antimafia rovinavano il volto pulito dell’Emilia. Credo invece che siano state queste persone a rovinarci.

Si preferiva chiudere un occhio?

Certo, sperando in lucrosi affari. Probabilmente, solo per fare un esempio, si è lasciato costruire troppo ad aziende sospette: oggi a Reggio Emilia un appartamento su dieci è vuoto. C’è una responsabilità anche politica, attraverso i piani regolatori. Negli ultimi anni le Prefetture di Modena e Reggio Emilia hanno bloccato oltre quaranta aziende in odore di mafia: numeri da brivido. E una recente inchiesta ha messo in manette un noto giornalista televisivo e imprenditori emiliani.

L’inchiesta proiettata nella Sala del Tricolore

La vostra video-inchiesta “Non è successo niente”. 40 roghi a Reggio Emilia svela, fra l’altro, la presenza dell’omertà anche al Nord. È vero che siete stati anche minacciati?

Non vogliamo fare del vittimismo, però accade che alla fine di alcune iniziative antimafia si avvicinino personaggi particolari che vogliono darci alcuni “suggerimenti”. Così come, in più di un’occasione, ci è stato impedito di effettuare alcune riprese, fino alle manate sulla telecamera. Eppure quelle registrazioni video sono del tutto legittime, poiché realizzate da suolo pubblico. Così ho dovuto mettere in discussione i miei pregiudizi e i luoghi comuni sulla regione in cui vivo. A differenza di quanto mi avessero raccontato i miei genitori, mi sono reso conto che anche in Emilia i diritti, la legalità e la democrazia non sono scontati. Sono principi da rendere concreti, riaffermandoli ogni giorno.

I cittadini appoggiano le vostre iniziative di promozione della cultura della legalità?

Parallelamente ai video e alle inchieste, organizziamo numerose iniziative, quasi sempre molto partecipate. In questi incontri, con ospiti magistrati ed esperti del fenomeno, cerchiamo di esortare la cittadinanza a essere più sensibile al tema, partendo dal confronto. Perché se non si conosce un fenomeno è impossibile riuscire a fronteggiarlo adeguatamente. Anche noi dell’associazione Cortocircuito abbiamo continuamente bisogno di informarci e di aggiornarci.

A che punto è la vostra ultima inchiesta?

Anticipo solo che riguarda anche alcuni cantieri pubblici e coinvolge pure nomi emiliani doc. Inoltre stiamo progettando un nuovo intenso ciclo di incontri antimafia all’interno delle scuole superiori, a causa della richiesta sempre crescente da parte di insegnati e presidi. Gli studenti spesso sono molto curiosi e rimangono sbalorditi quando gli spieghiamo, basandoci sempre su documenti ufficiali, che alcune discoteche che frequentano hanno avuto contiguità con la criminalità organizzata.

 

Intervista di Marco Scipolo per “AgoraVox”.

[5 luglio 2014]

Piazza affollata per l’incontro con il giudice Guarnotta

Piazza gremita di gente venerdì 4 luglio 2014 alla sera a Bibbiano (RE) per l’incontro, aperto alla cittadinanza, con ospite il giudice Guarnotta.

Leonardo Guarnotta è il presidente del Tribunale di Palermo, giudice della sentenza di primo grado a carico di Marcello Dell’Utri e già magistrato del pool antimafia con Falcone e Borsellino.

Ha partecipato all’iniziativa anche I.M.D., già poliziotto della sezione “Catturandi” della Questura di Palermo; non può svelare il proprio nome e il proprio volto per motivi di sicurezza.

Saluti iniziali del sindaco di Bibbiano Andrea Carletti.

Ha condotto l’incontro Elia Minari della redazione di Cortocircuito, web-tv indipendente di Reggio Emilia.

Prima dell’incontro è stato possibile per tutti cenare in piazza Damiano Chiesa con il menù della legalità. Evento nato dalla collaborazione tra il Comune di Bibbiano, Auser, Arci, Camelot e Cortocircuito. Cura scientifica della dott.ssa Rosa Frammartino.

Foto di Chiara Ghirelli. Cliccare sulle foto per allargarle.

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Vedi anche:

– Sul Corriere della Sera: “Cortocircuito, la web tv degli studenti-reporter che combatte la mafia”
– La video-inchiesta sui quaranta roghi di probabile origine dolosa
– Alcuni video della serata antimafia del 17 settembre in Sala del Tricolore
– Incontro-intervista sulla corruzione con Davigo e Gomez in Sala del Tricolore, le foto
– Incontro con i magistrati Nino Di Matteo, pm del processo sulla trattativa Stato-mafia e Nicola Gratteri

Incontro “Economia reggiana e mafia” con Enrico Bini, imprenditore che ha denunciato la criminalità organizzata, ed Elia Minari

Domenica 22 giugno 2014 alle ore 18.00 al Parco dei Popoli di Castellarano (RE), incontro con Enrico Bini, imprenditore che ha denunciato la criminalità organizzata a Reggio Emilia (e neo sindaco di Castelnovo Monti).

Grazie alle denunce di Bini, iniziate quando lavorava nel cantiere reggiano della Tav, i Carabinieri, in collaborazione con la magistratura, hanno recentemente arrestato 13 persone considerate vicine alla ‘ndrangheta.

Hanno preso parte all’iniziativa anche Michele Vocino di Libera e Giuseppe Pugliese di “SOS Rosarno”, il cui padre è stato ucciso dalla ‘ndrangheta. Il consiglio comunale di Rosarno nel 1992 e nel 2008 è stato sciolto per infiltrazioni mafiose.

Ha condotto l’incontro Elia Minari di Cortocircuito

Introduzione del professore Giuseppe Casali, presidente del “Centro studi storici castellaranese” e di Paolo Magnani, assessore alle Politiche Sociali del Comune di Castellarano.

Organizzazione del “Centro studi storici castellaranese”, in collaborazione con il Comune di Castellarano.

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Vedi anche:

– Sul Corriere della Sera: “Cortocircuito, la web tv degli studenti-reporter che combatte la mafia”
– La video-inchiesta sui quaranta roghi di probabile origine dolosa
– Alcuni video della serata antimafia del 17 settembre in Sala del Tricolore
– Incontro-intervista sulla corruzione con Davigo e Gomez in Sala del Tricolore, le foto
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Incontro con i magistrati Nino Di Matteo, pm del processo sulla trattativa Stato-mafia e Nicola Gratteri

A Piacenza giornata per Peppino Impastato e pranzo a sostegno di “Radio 100 passi”

Danilo Sulis

Domenica 8 giugno 2014 dalle ore 12.30 pranzo, aperto a tutti, e a seguire incontro con Danilo Sulis, cofondatore di Radio Aut insieme a Peppino Impastato (giornalista ucciso da Cosa Nostra nel 1978) e fondatore di “Radio 100 passi”.

E’ stato ospite dell’iniziativa anche I.M.D.poliziotto della sezione Catturandi della Squadra mobile di Palermo; non può svelare il proprio nome e il proprio volto per motivi di sicurezza.

L’incontro è stato condotto da Elia Minari della web-tv Cortocircuito.

Introduzione di Rossella Noviello dell’associazione “100X100 in Movimento” di Piacenza.

Saluti di Giulia Piroli, assessore del Comune di Piacenza.

L’iniziativa è stata organizzata dall’associazione “100X100 in Movimento” di Piacenza in collaborazione con “Radio 100 passi”, Legambiente Piacenza, “La pecora nera”, “Trieste 34”.

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Vedi anche:

– Sul Corriere della Sera: “Cortocircuito, la web tv degli studenti-reporter che combatte la mafia”
– La video-inchiesta sui quaranta roghi di probabile origine dolosa
– Alcuni video della serata antimafia del 17 settembre in Sala del Tricolore
– Incontro-intervista sulla corruzione con Davigo e Gomez in Sala del Tricolore, le foto
– Incontro con i magistrati Nino Di Matteo, pm del processo sulla trattativa Stato-mafia e Nicola Gratteri

Estate 2014

L’attività dell’associazione Cortocircuito continuerà anche durante tutta l’estate. Stiamo progettando una nuova video-inchiesta sulla criminalità organizzata in Emilia.

Abbiamo in programma anche l’organizzazione di altri incontri antimafia, aperti alla cittadinanza, per il prossimo autunno. Avremo degli ospiti interessanti da ascoltare: tutte persone che hanno scelto di non scendere a compromessi e di non abbassare la testa.

Facendo un piccolo bilancio, da settembre 2013 ad aprile 2014 abbiamo realizzato 48 incontri antimafia. Di cui 20 incontri aperti alla cittadinanza e 28 incontri rivolti agli studenti delle scuole superiori e dell’università. Una media di più di un incontro a settimana.

Abbiamo avuto modo di dialogare con cittadini sempre meno indifferenti e con tanta voglia di essere partecipi e attivi contro la criminalità organizzata, che sempre più si radica nel territorio.

Accettiamo volentieri suggerimenti e spunti! Potete scriverci una mail o inviarci un messaggio su Facebook.

Associazione culturale antimafia Cortocircuito

2 giugno 2014

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Vedi anche:

– Sul Corriere della Sera: “Cortocircuito, la web tv degli studenti-reporter che combatte la mafia”
– La video-inchiesta sui quaranta roghi di probabile origine dolosa
– Alcuni video della serata antimafia del 17 settembre in Sala del Tricolore
– Incontro-intervista sulla corruzione con Davigo e Gomez in Sala del Tricolore, le foto
– Incontro con i magistrati Nino Di Matteo, pm del processo sulla trattativa Stato-mafia e Nicola Gratteri

Premio “Iustitia” all’Università della Calabria, in memoria del giudice Livatino

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Il premio “Iustitia” in memoria del giudice Rosario Livatino è stato assegnato a Elia Minari, coordinatore di Cortocircuito, associazione culturale antimafia di Reggio Emilia.

Il riconoscimento è stato consegnato il 22 maggio 2014 all’Università della Calabria, con sede a Cosenza, alla presenza del magistrato Nicola Gratteri, procuratore antimafia di Reggio Calabria, Pino Aprile, giornalista e scrittore, Arcangelo Badolati, caposervizio della “Gazzetta del Sud”.

Il premio è stato conferito da parte delle massime autorità dell’Università calabrese: Gino Mirocle Crisci, rettore dell’Università della Calabria, Giancarlo Costabile, docente e responsabile del progetto “Pedagogia della R-Esistenza”, Francesco Altimari, direttore del dipartimento di Lingue e Scienze dell’Educazione dell’Università della Calabria, Angela Costabile, vicedirettore del dipartimento di Lingue e Scienze dell’Educazione dell’Università della Calabria.

Il giudice Rosario Livatino, a cui il premio “Iustitia” è dedicato, è stato ucciso nel 1990, all’età di 38 anni, dalla mafia. 

Le motivazioni.

Alcune delle parole pronunciate dal professore Giancarlo Costabile durante la consegna pubblica del premio: «Elia Minari ha avuto il coraggio di fare una cosa straordinaria: già da quando era studente liceale ha denunciato le infiltrazioni del potere ‘ndranghetista in Emilia-Romagna e in tutto il Nord Italia. L’associazione Cortocircuito, che Elia Minari coordina, fa inchieste forti, vere. C’è un modo diverso di stare al mondo anche a vent’anni, Elia ne è la dimostrazione. Elia Minari è un giovane giornalista, autore di video-inchieste controcorrente sulla criminalità organizzata in Emilia Romagna. É un esempio per le nuove generazioni».

Foto di Chiara Ghirelli. Cliccare sulle foto per allargarle.

 

Articolo di Elisa Pederzoli

Elia Minari e la redazione di Cortocircuito – la web-tv indipendente che si è distinta negli ultimi tempi per le video inchieste sulla ’ndrangheta a Reggio – hanno ricevuto un importante riconoscimento: il premio “Iustitia” in memoria del giudice ucciso dalla mafia nel 1990, Rosario Livatino, assegnato dall’Università della Calabria.

«Elia Minari ha avuto il coraggio di fare una cosa straordinaria: già da quando era studente liceale ha denunciato le infiltrazioni del potere ‘ndranghetista nella città di Reggio e nella regione Emilia Romagna – è la motivazione della giuria – La redazione di Cortocircuito, web-tv indipendente, che Minari coordina, fa inchieste forti, vere. C’è un modo diverso di stare al mondo anche a vent’anni, Elia ne è la dimostrazione. E’ un giovane giornalista, autore di video-inchieste controcorrente sulla criminalità organizzata in Emilia Romagna. E’ un esempio per le nuove generazioni».

[La prima pagina della “Gazzetta di Reggio”]

Alla consegna del premio, avvenuta a Cosenza, erano presenti il procuratore antimafia di Reggio Calabria Nicola Gratteri, il giornalista e scrittore Pino Aprile, il caposervizio della Gazzetta del Sud Arcangelo Badolati. E gli stessi Gratteri e Aprile sono stati insigniti dello stesso importante riconoscimento, rispettivamente nella sezione magistratura e saggistica.

Arriva a Reggio il premio per le web-tv, ribadendo, dunque, una realtà più volte evidenziata da fatti e relazioni antimafia: che la criminalità organizzata è diventata, da tempo, anche una questione emiliana, reggiana.

«Per noi è stata un po’ una sorpresa. Non ce l’aspettavamo». Così Elia Minari commenta il premio a nome della sua redazione, composta da una quindicina di giovani dai 19 ai 22 anni.

«Quello che dal 2009 stiamo cercando di fare è conoscere e informare su di un tema delicato – spiega – partendo da episodi che purtroppo sono sempre più frequenti. Nel nostro lavoro, nei nostri frequenti incontri con la cittadinanza e con le scuole, ripercorriamo quello che è avvenuto negli anni Ottanta e Novanta a Reggio: omicidi e attentati. Per tentare di ricostruire come è avvenuto il radicamento della criminalità organizzata nel nostro territorio. E molto spesso le persone restano sorprese. Non sanno, non ricordano questi episodi. Fino alla denuncia che ormai le organizzazioni sono entrate anche in alcune aziende reggiane doc, come dimostrano le interdittive e l’ottimo lavoro svolto dalla prefettura in questi anni. E questo dovrebbe porre più di un interrogativo».

E il lavoro della redazione di Cortocircuito è tutt’altro che finito. «Da qualche settimana abbiamo iniziato a lavorare a una nuova video-inchiesta. Basandoci ancora una volta sui fatti, sui documenti. Che ci interessano più delle opinioni».

Tematiche, questioni che Reggio si porta dietro e che non potrà permettersi di non affrontare. «Speriamo che la nuova amministrazione punti sulla trasparenza. Secondo noi la trasparenza negli atti amministrativi, negli appalti e nei subappalti, è il primo tassello, è fondamentale per contrastare in modo efficace il fenomeno». Elisa Pederzoli

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Vedi anche:

– Sul Corriere della Sera: “Cortocircuito, la web tv degli studenti-reporter che combatte la mafia”
– La video-inchiesta sui quaranta roghi di probabile origine dolosa
– Alcuni video della serata antimafia del 17 settembre in Sala del Tricolore
– Incontro-intervista sulla corruzione con Davigo e Gomez in Sala del Tricolore, le foto
– Incontro con i magistrati Nino Di Matteo, pm del processo sulla trattativa Stato-mafia e Nicola Gratteri

L’antimafia si è confrontata a Castelnovo nè Monti

Sala piena per l’incontro antimafia, aperto alla cittadinanza, venerdì 9 maggio 2014 alle ore 21 a Castelnovo nè Monti, sull’appennino Reggiano. L’iniziativa si è tenuta al Centro culturale “Il Formicaio”.

Alla serata, condotta da Adriano Arati della Gazzetta di Reggio, hanno partecipato: Giulia Di Girolamo della rete NoName di Bologna e autrice, insieme ad Alessandro Gallo, del libro “Non diamoci pace”; Riccardo Versari e Lisa Liastro del presidio di Libera “Giangiacomo Ciaccio Montalto”; Elia Minari e Francesca Montanari della redazione di Cortocircuito, web-tv indipendente di Reggio Emilia.

L’iniziativa è stata organizzata dal Comune di Castelnovo nè Monti (RE) e dal progetto “Sulla strada di un’idea”.

Foto di Chiara Ghirelli. Cliccare sulle foto per allargarle.

 

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– La video-inchiesta sui quaranta roghi di probabile origine dolosa
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– Incontro-intervista sulla corruzione con Davigo e Gomez in Sala del Tricolore, le foto
– 
Incontro con i magistrati Nino Di Matteo, pm del processo sulla trattativa Stato-mafia e Nicola Gratteri

Serata con Salvatore Borsellino nella Sala del Tricolore

Nella sera prima della Festa della Liberazione, Salvatore Borsellino è stato ospite di un incontro antimafia, aperto alla cittadinanza, nella Sala del Tricolore, sede del Consiglio Comunale di Reggio Emilia.

Alle ore 20.45 di giovedì 24 aprile è iniziata la serata con Salvatore Borsellino, fratello del magistrato ucciso il 19 luglio 1992 nella strage di via D’Amelio e autore del libro “Fino all’ultimo giorno della mia vita”.

E’ stata un’iniziativa incentrata su due forme diverse, ma parallele, di resistenza: quella antimafia e quella antifascista. 

L’incontro è stato coordinato da Elia Minari dell’Associazione Cortocircuito.

Hanno posto domande a Borsellino anche Francesca Montanari, Alice Portal e Andrea Franzoni dell’Associazione Cortocircuito. Saluti iniziali di Natalia Maramotti, assessore del Comune di Reggio Emilia.

Si tratta del settimo evento nella Sala del Tricolore all’interno del progetto “Reggio contro le mafie.it”, promosso da Cortocircuito insieme al Comune di Reggio Emilia e alla Regione Emilia-Romagna.

Salvatore Borsellino è anche leader del “movimento delle Agende Rosse”, che fa riferimento al taccuino misteriosamente scomparso su cui Paolo Borsellino scriveva appunti personali, supposizioni e dichiarazioni di collaboratori di giustizia. Borsellino, dalla morte del fratello, si è distinto per il suo impegno nella ricerca della verità sui mandanti delle stragi di mafia del 1992.

Foto di Chiara Ghirelli. Locandina realizzata da Federico Marcenaro di Cortocircuito.


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– Incontro con i magistrati Nino Di Matteo, pm del processo sulla trattativa Stato-mafia e Nicola Gratteri

Incontro con i magistrati Nino Di Matteo, pm del processo sulla trattativa Stato-mafia e Nicola Gratteri

E’ stato un incontro blindato, per comprensibili questioni di sicurezza legate alle minacce di morte indirizzate al magistrato Nino Di Matteo direttamente da Totò Riina. All’ingresso il pubblico è stato sottoposto a rigidi controlli con il metal detector.

Sabato 5 aprile 2014 alle ore 16.00 presso il museo “Alcide Cervi” di Gattatico, in provincia di Reggio Emilia, si è tenuto l’incontro “Costruire la legalità, difendere la democrazia” con:

Nino Di Matteo, procuratore antimafia di Palermo e pm del processo sulla trattativa Stato-mafia, autore del libro “Assedio alla toga. Un magistrato tra mafia, politica e Stato”

Nicola Gratteri, procuratore aggiunto della Direzione Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria

Antonio Nicaso, studioso delle organizzazioni criminali, autore insieme a Gratteri del libro “Acqua santissima”

Hanno condotto l’iniziativa Elia Minari, coordinatore della redazione della web-tv Cortocircuito ed Enrica Majo, inviata speciale del Tg1. Saluti iniziali di: Rosella Cantoni, presidente Istituto Cervi, Fiorella Ferrarini, vice-presidente provinciale ANPI, Sonia Masini, presidente della Provincia di Reggio Emilia.

Durante l’incontro l’attore Andrea Gherpelli ha letto alcuni estratti dei libri dei magistrati presenti.

L’evento rientra all’interno del festival “Noi contro le mafie”, promosso dalla Provincia di Reggio Emilia con la direzione scientifica del professore Antonio Nicaso e la cura educational della dott.ssa Rosa Frammartino.

Foto di Chiara Ghirelli. Cliccare sulle foto per allargarle.


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Sul Corriere della Sera: “Cortocircuito, la web tv degli studenti-reporter che combatte la mafia”

di Stefania Cicco

Durante la settimana vanno all’università e preparano gli esami, nel weekend si riuniscono e discutono della prossima video-inchiesta da realizzare. Sono gli studenti-reporter di “Cortocircuito”, web tv indipendente di Reggio Emilia, premiata all’Università di Bologna come migliore tv online di denuncia d’Italia, nell’ambito degli “oscar” delle web-tv.

Giornalisti in erba, i quindici membri del team di Cortocircuito – 20 anni in media – realizzano video-inchieste, cortometraggi e reportage sul tema della criminalità organizzata. O in generale su tutti quei temi «troppo spesso taciuti, ignorati e sottovalutati dall’informazione tradizionale», come sottolinea Elia Minari, coordinatore della web tv.

Cortocircuito nasce nel giugno del 2009, tra i banchi di scuola, come giornalino studentesco, da un gruppo di ragazzi curiosi e con tanta voglia di informarsi e di informare. «L’idea è nata dalla costatazione che i media ufficiali spesso faticavano ad approfondire quei temi che invece noi percepivamo come importanti per la nostra città», continua Elia, «e quindi abbiamo pensato che ci fosse bisogno di una corretta informazione dal basso». Dopo qualche mese di vita, all’iniziale giornale cartaceo, si è aggiunta la versione online, un sito-blog dove poter leggere e commentare i reportage, per poi arrivare, nell’estate del 2010, all’attuale versione “televisiva”, una web-tv che raccoglie tutte le video-inchieste e che oggi conta su YouTube decine di migliaia di visualizzazioni.

«Tutte le nostre inchieste si basano su fatti, dati, documenti, nomi e cognomi», precisa Elia, commentando il metodo di lavoro della sua redazione. «Non facciamo niente di speciale, ci limitiamo a mettere in fila il materiale che raccogliamo. Poi andiamo sul posto, cerchiamo di fare qualche intervista e raccogliere alcune testimonianze». Ma le difficoltà non mancano: «Reperire informazioni non è facile, incontriamo resistenze molto forti, a volte anche a livello istituzionale. Spesso ci dicono che non siamo giornalisti professionisti e quindi non abbiamo il diritto di accedere ad alcuni dati».

Dai retroscena della costruzione della stazione Mediopadana di Reggio Emilia ai subappalti di Iren, l’azienda che gestisce servizi idrici e rifiuti in alcune città emiliano-romagnole, fino all’ultimo reportage sui roghi di origine dolosa avvenuti negli ultimi mesi in tutta la provincia reggiana. I temi “scomodi” toccati dalla troupe di Cortocircuito hanno portato anche a reazioni violente e a qualche minaccia. «La cosa incredibile è che quelle che dovrebbero essere le vittime degli incendi dolosi spesso tendono a negare e a non denunciare. Durante una giornata di riprese in un cantiere, siamo stati spintonati da un signore che ha dato qualche manata contro la nostra attrezzatura, con frasi pesanti e minacce. È logico che alcune persone non siano contente dei nostri servizi, ma noi non ci fermiamo».

Un altro tasto dolente è quello della sostenibilità. La web tv reggiana non ha mai ospitato nessun tipo di pubblicità o sponsor: «Abbiamo ricevuto delle proposte pubblicitarie, ma le abbiamo sempre rifiutate per preservare la nostra indipendenza e la nostra credibilità. Erano soggetti sospetti che temevamo condizionassero il nostro lavoro».

Le soddisfazioni, però, sono tante. Dopo le sollecitazioni dei giovani reporter, il Comune di Reggio Emilia ha pubblicato i costi esatti, per tanto tempo sconosciuti, della stazione Mediopadana. L’ultima inchiesta, inoltre, è stata proiettata nella Sala del Tricolore, sede del consiglio comunale di Reggio Emilia e «luogo dove è nata la bandiera nazionale del nostro Paese», spiega Elia con orgoglio. «Essere riusciti a parlare di questi temi in una sede istituzionale davanti a centinaia di cittadini, senza dover far prima “approvare” i video a nessuno, è stato un traguardo importantissimo. La politica locale si sta finalmente rendendo conto che non può più ignorare un fenomeno urgente come quello della presenza della ‘ndrangheta nel nostro territorio».

Stefania Cicco sul “Corriere della Sera” – 2 dicembre 2013

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– La video-inchiesta sui quaranta roghi di probabile origine dolosa
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– Incontro-intervista sulla corruzione con Davigo e Gomez in Sala del Tricolore
– Incontro “Mafia e Chiesa” con Nuzzi in Sala del Tricolore
– Incontro con Tizian su mafie a Reggio Emilia, slot machine e mondo economico, in Sala del Tricolore
– Incontro con il procuratore antimafia di Reggio Calabria Gratteri e lo storico delle organizzazioni criminali Nicaso
– Lezioni antimafia nelle scuole superiori

Incontro con la vedova Ambrosoli, il cui marito è stato ucciso a Milano nel 1979

Giovedì 3 aprile 2014 presso il cinema-teatro Cristallo di Reggio Emilia incontro con Annalori Ambrosoli, vedova di Giorgio Ambrosoli, ucciso a milano l’11 luglio 1979.

Insieme a lei c’era anche Paolo Bertaccini Bonoli, coordinatore del “Premio Giorgio Ambrosoli” e rappresentate italiano di “Transparency International”, organizzazione internazionale non governativa che si occupa della corruzione.

All’inizio dell’incontro è stata proiettata un parte del film “Un eroe borghese”, tratto dal libro omonimo di Corrado Stajano sulla vicenda di Giorgio Ambrosoli.

Ha condotto l’iniziativa Elia Minari, coordinatore della redazione della web-tv Cortocircuito.

Nel 1974 l’avvocato Giorgio Ambrosoli viene nominato capo liquidatore della Banca Privata Italiana, di proprietà del finanziere Michele Sindona. Le sue ricerche lo portano a scoprire una fitta rete di relazioni che legano Sindona ad importanti esponenti politici, alla mafia e al Vaticano.

Saluti iniziali di: Ilenia Malavasi, assessore all’Istruzione della Provincia di Reggio Emilia.

L’evento rientra all’interno del festival “Noi contro le mafie”, promosso dalla Provincia di Reggio Emilia con la direzione scientifica del professore Antonio Nicaso e la cura educational della dott.ssa Rosa Frammartino.  Ingresso gratuito.

Foto di Chiara Ghirelli. Cliccare sulle foto per allargarle.

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Incontro con I.M.D., poliziotto della sezione Catturandi di Palermo e con l’attrice Ginevra Antona

Giovedì 3 aprile 2014 alle ore 21 presso il cinema-teatro Excelsior di Rubiera, in provincia di Reggio Emilia, incontro con I.M.D.poliziotto della sezione Catturandi della Squadra mobile di Palermo e con Ginevra Antona, interprete del ruolo di “Flora” nel film “La mafia uccide solo d’estate”.

I.M.D. nei suoi libri “Catturandi” e “Vurricatore” racconta la caccia ai più pericolosi latitanti di Cosa nostra. Appostamenti, pedinamenti, controllo del territorio, intercettazioni ambientali e telefoniche. Attività che richiedono fiuto, attenzione, cautela, abilità e coraggio. L’autore, che non può svelare il proprio nome e il proprio volto per motivi di sicurezza, racconta dal di dentro quali sono gli strumenti a disposizione di chi svolge sul campo la lotta alla mafia per la cattura dei criminali in fuga.

Ha condotto l’iniziativa Elia Minari, coordinatore della redazione della web-tv Cortocircuito. Saluti iniziali di: Emanuele Cavallaro, vicesindaco del Comune di Rubiera.

L’evento rientra all’interno del festival “Noi contro le mafie”, promosso dalla Provincia di Reggio Emilia con la direzione scientifica del professore Antonio Nicaso e la cura educational della dott.ssa Rosa Frammartino.  Ingresso gratuito.

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“Esperienze e saperi contro le mafie” nell’Aula Magna dell’Università di Reggio Emilia

Mercoledì 2 aprile 2014 alle ore 10.30 presso l’Aula Magna “Manodori” dell’Università di Reggio Emilia, si è tenuto il convegno “Esperienze e saperi contro le mafie“.

Introduzione di Antonio Nicaso, studioso delle organizzazioni criminali e direttore scientifico del festival “Noi contro le mafie”. Ha condotto l’incontro Arcangelo Badolati, caposervizio della Gazzetta del Sud.

Interventi:

Nuove e vecchie resistenze
Fiorella Ferrarini, vice-presidente ANPI Reggio Emilia

La mafia nega le libertà democratiche e la Costituzione
Donatella Loprieno, costituzionalista, Università della Calabria

Il giornalismo d’inchiesta dal basso
Elia Minari, coordinatore della redazione della web-tv Cortocircuito

Contro le Pedagogie complici del silenzio
Giancarlo Costabile, docente Università della Calabria

Legalità e memoria: valori che si incontrano
Stefano Aicardi, docente

Conclusioni di: Sonia Masini, presidente della Provincia di Reggio Emilia. Saluti iniziali di: Dino Giovannini, professore ordinario di Psicologia sociale e di Ilenia Malavasi, assessore all’Istruzione della Provincia di Reggio Emilia.

L’evento rientra all’interno del festival “Noi contro le mafie”, promosso dalla Provincia di Reggio Emilia con la direzione scientifica del professore Antonio Nicaso e la cura educational della dott.ssa Rosa Frammartino.

Foto di Federico Marcenaro. Cliccare sulle foto per allargarle.

 

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Convegno sulle mafie al teatro “Vittoria” di Viadana

Sabato 22 marzo 2014 al teatro “Vittoria” di Viadana, in provincia di Mantova, convegno sulle mafie nel Nord Italia con il magistrato Marco Imperato, autore del libro “Le parole della giustizia”, ed Elia Minari della redazione di Cortocircuito, web-tv indipendente di Reggio Emilia.  Ingresso gratuito.

Introduzione dell’assessore Nicola Federici del Comune di Viadana.

Il paese del Mantovano è stato recentemente scosso dalla pubblicazione di un’intercettazione telefonica in cui una persona legata alla criminalità organizzata afferma: “Viadana è nostra“, facendo riferimento anche a un assessore comunale che poi si è dimesso. Ma già nel 1992, come dimostrano alcuni articoli dell’epoca, vi furono gravi episodi di mafia a Viadana.

[Foto di Chiara Ghirelli. Cliccare sulle foto per allargarle.]

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“Rassegna della Legalità” con il prefetto De Miro

Venerdì 21 marzo 2014 la “Rassegna della Legalità” è iniziata nella Sala del Tricolore, sede del Consiglio Comunale di Reggio Emilia, con la partecipazione del prefetto di Reggio Emilia Antonella De Miro.

Saluti iniziali di Ugo Ferrari, sindaco vicario del Comune di Reggio Emilia e di Ilenia Malavasi, assessore all’Istruzione della Provincia di Reggio Emilia.

Ha condotto Elia Minari della redazione di Cortocircuito, web-tv indipendente di Reggio Emilia.

A seguire: spettacolo teatrale “Fatto di persone. CineRaccontiamo la legalità” con Domenico Ammendola e Lorenzo Baldini; presentazione dei progetti di educazione alla legalità e alla cultura antimafia delle scuole di Reggio Emilia. Con Marco Battini, associazione Papa Giovanni XXIII. Conclusioni di: Barbara Ferrari e Dino Giovannini, docenti di Psicologia dell’Università degli studi di Modena e Reggio Emilia.

Nel pomeriggio in piazza Prampolini “Suoni, colori e parole della legalità: informazione e laboratori creativi, a cielo aperto e a testa alta”. Sono stati proiettati, a ciclo continuo, dei cortometraggi della web-tv Cortocircuito e ci sono stati dei laboratori artistici in cui sono stati pitturati i “lenzuoli della legalità”, a cura dell’associazione Papa Giovanni XXIII e associazione Giro del Cielo. Erano presenti in piazza punti informazione del negozio “Etico”, che vende i prodotti dei terreni confiscati alle mafie, e di “Lilt – Luoghi di Prevenzione”.

La “Rassegna della legalità” è stata organizzata da: Comune di Reggio Emilia, Regione-Emilia-Romagna, Libera, associazione Papa Giovanni XXIII e Cortocircuito web-tv.

Alla sera Libera ha organizzato un corteo antimafia lungo le video del centro storico.

Foto di Chiara Ghirelli. Cliccare sulle foto per allargarle.

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Convegno sulle eco-mafie all’Università: “Ambiente e cibo. Tra antiche scorie e nuovi veleni”

Convegno “Ambiente e cibo. Tra antiche scorie e nuovi veleni” con ospiti:

– Generale Giuseppe Giove, comandante del Corpo Forestale dello Stato dell’Emilia-Romagna

Gianluca Giuli, ministero Politiche Agricole, dipartimento “Ispettorato centrale tutela della qualità e repressione delle frodi dei prodotti agroalimentari”

– Luca Ponzi, giornalista della Rai, coautore del libro “Cibo criminale. Il nuovo business della mafia italiana”

L’iniziativa si è tenuta sabato 15 marzo 2014 presso l’aula 3 dell’Università di Reggio Emilia.

Ha coordinato l’incontro: Elia Minari della redazione di Cortocircuito, web-tv indipendente di Reggio Emilia.

In collaborazione con la Provincia di Reggio Emilia. Cura scientifica della dott.ssa Rosa Frammartino, con la collaborazione di Ilenia Malavasi, assessore all’Istruzione della Provincia di Reggio Emilia.

Introduzione all’evento di Roberta Rivi, assessore all’Agricoltura della Provincia di Reggio Emilia, e della Prof. Patrizia Fava, dipartimento Scienze della Vita dell’Università di Modena e Reggio.

Conclusioni di Pinuccia Montanari, direttore tecnico della Biblioteca dell’Università di Modena e Reggio Emilia e responsabile del progetto “Sostenibilità ambientale”.

Foto di Riccardo Pelli. Cliccare sulle foto per allargarle.

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Un piccolo bilancio

Negli ultimi sei mesi, come Cortocircuito, abbiamo realizzato 36 incontri antimafia. Di cui 13 incontri aperti alla cittadinanza e 23 incontri rivolti agli studenti delle scuole superiori e dell’università. Una media di più di un incontro a settimana.

Lo abbiamo fatto per sensibilizzare e informare sulla criminalità organizzata a Reggio Emilia. Forse è stato un po’ faticoso, ma crediamo ne sia valsa la pena. Abbiamo incontrato tante persone incuriosite, sorprese e anche un po’ indignate; desiderose di essere cittadini informati.

La Redazione di Cortocircuito

“Cibo e contraffazione” con la giornalista Rai Enrica Majo

Incontro “Cibo e contraffazione”, con Enrica Majo, giornalista Rai e autrice dello speciale del Tg1 “Il falso Made in Italy”.

L’iniziativa si è tenuta mercoledì 26 febbraio 2014 presso l’aula 3 dell’Università di Reggio Emilia.

Ha coordinato l’incontro: Elia Minari della redazione di Cortocircuito, web-tv indipendente di Reggio Emilia.

In collaborazione con la Provincia di Reggio Emilia. Cura scientifica della dott.ssa Rosa Frammartino, con la collaborazione della dott.ssa Pinuccia Montanari.

Introduzione all’evento di Ilenia Malavasi, assessore all’Istruzione della Provincia di Reggio Emilia, e della Prof. Patrizia Fava, dipartimento Scienze della Vita dell’Università di Modena e Reggio.

Foto di Andrea Franzoni.

Cliccare sulle foto per allargarle.

Laboratorio di giornalismo d’inchiesta antimafia condotto da Cortocircuito

Corso di “giornalismo d’inchiesta antimafia” in sette lezioni, ognuna con una parte laboratoriale e una parte di incontro con un giornalista professionista, rivolto agli studenti delle scuole superiori di Reggio Emilia.

Il corso, a partecipazione gratuita, è stato organizzato in collaborazione con la Provincia di Reggio Emilia ed è stato condotto da Elia Minari, coordinatore di Cortocircuito, associazione culturale antimafia. Cura scientifica di Rosa Frammartino.

Gli ospiti del corso sono stati Pierluigi Senatore, direttore della redazione di Radio Bruno e responsabile della rassegna “Ne vale la pena”; Luca Ponzi, giornalista della Rai e coautore del libro “Cibo Criminale”; Graziella Proto, stretta collaboratrice di Pippo Fava, giornalista ucciso da Cosa Nostra, e direttrice del mensile siciliano “Casablanca”; Arcangelo Badolati, caposervizio del quotidiano “Gazzetta del Sud” e autore del libro “Banditi e Schiave. I femminicidi”; Enrica Majo, giornalista della Rai, autrice dello Speciale del Tg1 “Cibo, il falso made in italy”; Antonio Nicaso, giornalista e storico delle organizzazioni criminali e Nicola Gratteri, procuratore aggiunto della Direzione Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria.

Gli incontri si sono tenuti da novembre 2013 a febbraio 2014 presso l’assessorato Istruzione della Provincia di Reggio, grazie alla collaborazione dell’assessore Ilenia Malavasi.

Vedi QUI altre informazioni sul corso e le foto della prima lezione.

Foto di Federico Marcenaro e Chiara Ghirelli. Cliccare sulle foto per allargarle.



 

 

 

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Convegno con il procuratore capo di Modena Zincani

Venerdì 21 febbraio 2014 alle ore 10.00 nell’Aula Magna “Barozzi” a Modena, convegno sulla criminalità organizzata in Emilia, con:

– il magistrato Vito Zincani, procuratore capo di Modena;
– Elia Minari, coordinatore dell’associazione antimafia Cortocircuito;
– Rebecca Righi dell’associazione Libera.

Organizzazione della professoressa Mara Fonti, in collaborazione con le associazioni Cortocircuito e Libera.

[Foto di Chiara Ghirelli. Cliccare sulle foto per allargarle.]

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“Non diamoci pace”

E’ da poco uscito il libro “Non diamoci pace”, Caracò editore, scritto a quattro mani da Alessandro Gallo (scrittore) e Giulia Di Girolamo (studiosa del fenomeno mafioso).

Un intero capitolo del libro parla dell’esperienza dell’associazione Cortocircuito Reggio Emilia.

Febbraio 2014

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Vedi anche:

– Sul Corriere della Sera: “Cortocircuito, la web tv degli studenti-reporter che combatte la mafia”
– La video-inchiesta sui quaranta roghi di probabile origine dolosa
– Alcuni video della serata antimafia del 17 settembre in Sala del Tricolore
– Incontro-intervista sulla corruzione con Davigo e Gomez in Sala del Tricolore, le foto
– Incontro con il procuratore antimafia di Reggio Calabria Gratteri e lo storico delle organizzazioni criminali Nicaso