Di Ilaria Venturi
Sono quelli che hanno fatto scoppiare il caso del sindaco di Brescello, filmato mentre passeggia con Francesco Grande Aracri, condannato per mafia, e dice di lui: uno “composto, educato”. Sono quelli che già due anni fa avevano messo in fila i roghi a Reggio Emilia: auto, cantieri, locali incendiati. Bastava contarli, 40 in tutto, una enormità per la città emiliana, e lo hanno fatto. Quelli che nel 2013 raccontano del cutrese Gaetano Blasco, sentito ora mentre se la ride del terremoto nelle intercettazioni finite nella maxi inchiesta “Aemilia” che ha scoperchiato la pentola di una regione infestata dalle cosche calabresi.
Sono i ragazzi di Cortocircuito, il giornalino studentesco indipendente fondato nel 2009, ora web-tv e associazione culturale antimafia formata da universitari, una ventina in redazione. Amici, cresciuti insieme tra i banchi dei licei, arrivati ora agli studi universitari in diversi atenei, iscritti a Lettere, Scienze Politiche, Giurisprudenza. Video maker prima adolescenti, poi ventenni.
L’antimafia dei “ragazzini”, non giudici ma studenti, quelli che danno fastidio e che sono arrivati prima di tanti politici e amministratori a mostrare la mafia in Emilia. Minacciati, applauditi alle loro iniziative antimafia anche da qualche nome eccellente ora finito dietro alle sbarre, sottovalutati per la loro giovane età. E invece.
“Speriamo che ora nessuno possa più dire: non lo sapevo”, commenta Elia Minari, il coordinatore di Cortocircuito, mentre prepara esami di diritto a Bologna. Ha molta grinta nel fare domande. Nelle sue mani Pietro Grasso al vertice antimafia, l’anno scorso, ha consegnato il premio “Scomodo”. “Nulla di professionale, facciamo queste video-inchieste nel tempo libero”, si schernisce. Ma l’ultima, “La ‘Ndrangheta di casa nostra. Radici in terra emiliana”, è stata pluripremiata.
“Non vogliamo insegnare nulla, ma solo sensibilizzare sul problema. Ed è cominciato quasi per caso, da un’esperienza di volontariato fatta da alcuni di noi in Calabria, dalla voglia di capire meglio alcuni fatti”. Compagni di scuola che si ritrovano per fare un giornalino. Così come a Rimini c’è il gruppo Pio La Torre che denuncia la mafia in Romagna, a Bologna e Modena i tanti presidi di Libera, che non si perdono una udienza del processo Black Monkey. Più che una testimonianza: video e dossier diffusi sui social network.
“Noi abbiamo cominciato a interessarci del perché i nomi di alcune aziende reggiane venivano fuori nelle inchieste sul terremoto de L’Aquila e da noi nessuno ne parlava. Poi abbiamo studiato le delibere sulla stazione medio-padana a Reggio Emilia: i costi aumentavano, perché? E infatti c’è stata una inchiesta della magistratura. E ci siamo occupati del cantiere per la nuova scuola media a Montecchio: appalto vinto dalla Saedil, senza presentare certificato antimafia e con un ribasso del 23%. La ditta poi è sparita, la scuola nuova non c’è”.
I ragazzi di Cortocircuito si leggono gli atti delle Prefetture e delle inchieste. Documenti. E domande. “E’ leggendo una revoca di porto d’armi al proprietario del ristorante Antichi Sapori che abbiamo parlato tre anni fa della cena finita nell’inchiesta”, racconta Elia. Poi il caso di Brescello. “Il parroco ci ha accusati di aver danneggiato il turismo!”. Troppe risposte raccolte nei bar della bassa reggiana del tipo “qui la mafia non esiste”, “la ‘ndrangheta dà lavoro”, “non è successo niente”. Domande che hanno portato a minacce (“ti vengo a cercare sino a casa”) finite in una interrogazione in Senato.
“Ci dicevano di cambiare argomenti”. Non l’hanno fatto. “E certo non ci aspettavamo di arrivare a mettere in discussione la legalità nella città in cui siamo nati. Invece emerge un quadro di una economia infiltrata che soffoca il libero mercato con il coinvolgimento anche di soggetti emiliani. Facile dire: tutta colpa dei calabresi. Il sistema delle cosche è riuscito a coinvolgere settori impenetrabili”.
Dopo la maxi operazione Cortocircuito scrive: “Nel nostro piccolo continueremo a sostenere l’operato di forze dell’ordine e magistratura, a sensibilizzare, per non abbassare la guardia”. Ed Elia conclude: “Negli incontri in tanti ci chiedono cosa fare. Noi rispondiamo: basta scegliere. E chiunque può farlo: scegliere a chi far ristrutturare la casa, chi frequentare, in che locali andare. E a chi affidare appalti”.
Ilaria Venturi – La Repubblica
(3 febbraio 2015)
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Vedi anche:
– “La ‘Ndrangheta di casa nostra. Radici in terra emiliana”: la video-inchiesta
– La video-inchiesta “Non è successo niente. 40 roghi a Reggio Emilia”
– Il quotidiano La Repubblica: “La mafia emiliana braccata dagli studenti di Cortocircuito”
– Intervista del web-magazine “AgoraVox” sulle iniziative di Cortocircuito
– Sul Corriere della Sera: “Cortocircuito, la web tv degli studenti-reporter che combatte la mafia”
– Elia Minari di Cortocircuito premiato dal presidente del Senato al Vertice Nazionale Antimafia a Firenze